Il pellegrinaggio di don Emanuele in mezzo a noi
Ricordo di don Emanuele Previdi morto a 54 anni per malattia.
Riportiamo il testo integrale del profilo pronunciato da mons. Andrea Gaino dureante il funerale celebrato da Mons. Giuseppe Zenti a Bonferraro lunedì 24 ottobre 2016.
Prendo volentieri la parola per ricordare con voi il caro don Emanuele, facendo memoria del suo percorso di vita e cercando di evidenziare alcuni tratti distintivi della sua persona di uomo, di cristiano e di prete. Sono ricordi che ho condiviso con alcuni dei compagni preti che con Emanuela hanno vissuto il percorso di formazione e di ministero, in particolare gli ultimi anni del cammino per lui fortemente segnato dalla malattia.
Don Emanuele è nato il 16 luglio 1962 a Sorgà; è cresciuto poi nella parrocchia di Gazzo veronese. Entrato in seminario da ragazzo ha percorso il cammino di formazione nel seminario minore e poi in teologia fino all’ordinazione presbiterale il 6 giugno 1987. I primi anni di ministero li ha vissuti come vicario parrocchiale prima a Bovolone e di seguito a Desenzano. La sua vicenda personale e l’esperienza ministeriale lo hanno portato poi a Roma dove ha studiato Comunicazioni sociali conseguendo la Licenza nel 2002; successivamente è stato nella parrocchia dei Santi Apostoli come coParroco; ha collaborato con Telepace e con la Fondazione Toniolo come responsabile dell’ufficio Stampa. Ha svolto per un periodo anche il ministero ad Assisi presso la Pro Civitate Christiana. Negli ultimi anni è stato collaboratore parrocchiale a Gazzo, offrendo il suo servizio anche a diverse parrocchie della stessa zona pastorale. Nel contempo ha vissuto il ministero come accompagnatore spirituale di pellegrini, soprattutto in terra santa, e come accompagnatore di genitori che vivono il lutto di un figlio.
Nelle diverse esperienze di ministero, per il suo carattere facile alla relazione, don Emanuele ha espresso anzitutto il volto del prete che si fa compagno di viaggio, arricchendo la propria vita di molte amicizie e offrendo sincera amicizia alle tante persone che ha incontrato.
Non sono mancati, nel suo percorso umano e presbiterale momenti di fatica, anche di crisi, come lui stesso ricorda nel suo “testamento spirituale”; li ha vissuti con onestà e coraggio, imparando anche in queste fatiche a diventare più umano e a riconoscere e promuovere l’umanità nelle altre persone. I tempi lunghi di degenza e le cure affrontate per l’aggressione subita e la malattia che lo ha colpito negli ultimi anni hanno segnato profondamente la sua vita, senza tuttavia adombrare la sua propensione a vedere sempre il bene all’orizzonte, il tratto positivo in tutto, la capacità di affidarsi con speranza al suo Signore.
La ferma speranza che sa poggiarsi sulla misericordia del Padre, la ricerca di umanità vera, che porta alla cura dell’amicizia, la fede vissuta che si alimenta nella preghiera sono tratti che disegnano il profilo spirituale di don Emanuele e che desidero ricordare con voi. Lo faccio lasciando parlare soprattutto lui, attraverso il bel libro sulla preghiera che ha scritto, dal quale bene traspare la sua sensibilità (E. Previdi, Dalle preghiere inutili all’amicizia con Dio, Il segno dei Gabrielli editori, Verona 2014).
Per dire della vita cristiana ha spesso attinto alla metafora del pellegrinaggio. Così si esprime. «Un cristiano autentico dovrebbe avere lo spirito del pellegrino, come lo descrive bene la lettera a Diogneto “I cristiani abitano la propria patria, partecipano a tutto come dei cittadini, però tutto sopportano come stranieri. Ogni terra straniera è la loro patria e ogni patria è terra straniera». Emanuele ha fatto proprio lo spirito del pellegrino, non solo perché amava i luoghi di pellegrinaggio e amava accompagnarvi persone amiche, ma soprattutto perché sapeva abitare con amore i diversi luoghi e contesti del suo ministero, senza tuttavia restarne legato come a possesso geloso: c’è sempre stato un altrove che ha reso inquieta la sua esistenza e lo ha messo in movimento… fino all’ultimo pellegrinaggio.
Da qui vengono anche alcuni tratti della sua fede, che bene emergono dalle sue stesse parole, in particolare da come ci parla della preghiera: «Penso che Dio non possa essere rinchiuso in parole, libri, anche se si considerano sacri. Forse più che dire credo in Lui e lo prego per ottenere benefici occorre amarlo, che vul dire non amare un’idea di Dio, ma provare ad amare coloro che sono sulla nostra strada, sul nostro cammino […] con Simon Weil si può dire che “non è dal modo in cui un uomo parla di Dio ma dal modo in cui parla delle cose terrestri che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio” […] e la preghiera cristiana è relazione personale e viva dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo che abita nel loro cuore [...] Perché senza la preghiera la fede si atrofizza e senza la fede la preghiera decade in forme di devozionismo o di superstizione […] È preghiera che nasce dell’ascolto della parola di Dio ed è risposta alla Parola […] e diventa vera preghiera quando si incarna, entra nel vivo dell’umanità, la accompagna, la condivide e la eleva fino a portarla alla piena relazione d’amore. […] E una preghiera incarnata arriva al perdono […], il perdono ricevuto e dato che va visto come un miracolo, come un’azione straordinaria che sana e cambia la vita. La preghiera è la nuova creazione di Dio ».
Il ministero presbiterale Emanuele lo ha vissuto cercando di essere anzitutto compagno di viaggio e mettendosi così a servizio della fede dei tanti fratelli e sorelle che ha accompagnato, con molti di questi ha stretto profondi legami di amicizia. Facendo propria una riflessione del Cardinal Martini, una delle figura che Emanuele ha tenuto come caro riferimento, così parla del suo modo di essere accompagnatore nella fede. «Insegnare la fede domanda di far propri quattro atteggiamenti: non essere mai sorpresi dalla diversità, essere disposti a correre rischi, mettere al centro della vita i poveri, alimentarsi costantemente al Vangelo». Emanuele non manca di ricordare che la fede ha una dimensione ecclesiale, che nasce da condivisione fraterna e ha nella celebrazione dell’Eucaristia il suo punto di forza e la sua piena espressione; e si esprime nell’essere comunità che non prende le distanze dal mondo, non giudica dall’alto, ma condivide le gioie e le fatiche degli uomini e delle donne nostri contemporanei e apre davanti a loro cammini di conversione. Nel respiro ecclesiale della fede ha trovato spazio significativo nella vita di Emanuele e nel suo modo di essere prete anche la devozione a Maria, vissuta secondo un autentico spirito evangelico. Vede anzitutto in Maria la donna dell’ascolto, la figlia di Dio, discepola del Figlio che ci accompagna nel nostro essere discepoli e figli. Proprio così è riconosciuta Madre di Dio e madre nostra.
Questo modo di sentire la Chiesa e vivere la devozione a Maria Emanuele lo ha maturato attingendo ad un altro riferimento forte e significativo della sua vita. Così lo racconta: «Ho avuto la gioia e la grazia di conoscere personalmente don Tonino Bello. A lui devo molto del mio modo di approccio alla fede e alle espressioni con cui si manifesta… Conservo come una “reliquia” un libretto di don Tonino. Mi trovavo a Molfetta, nella sua stanza, due giorni prima della sua morte, o meglio del suo passaggio alla vita eterna perché si nasce una volta e si vive per sempre. Durante questa visita don Tonino chiese al fratello di prendere una copia del suo ultimo libro: Maria donna dei nostri giorni. Sebbene ormai consumato dalla malattia si è fatto consegnare una penna per incidervi una dedica, che recita così: “A Emanuele: Maria lo attende la sera all’uscio di casa. + don Tonino”. Maria lei pellegrina ci precede, ci accompagna e ci attende la sera della nostra vita sull’uscio di casa. Danzerà con gioia come danzano le figlie di Israele perché le nozze sono pronte per il figlio del re. Sarà lei a sbrigare le ultime incombenze per il grande viaggio: “Santa Maria, donna dell’ultima ora, disponici al grande viaggio. Aiutaci ad allentare gli ormeggi senza paura. Sbriga tu stessa le pratiche del nostro passaporto. Se ci sarà il tuo viso, non avremo più nulla da temere alla frontiera. Aiutaci a saldare con i segni del pentimento e con la richiesta di perdono le ultime pendenze nei confronti della giustizia di Dio … perché giunti alla porta del paradiso, essa si spalanchi al nostro bussare”.
Questo ricordo e queste parole Emanuele le ha volute nel suo ultimo scritto: “Testamento spirituale” che ha completato pochi giorni prima della sua morte lo scorso 10 ottobre. Anch’esso porta traccia del cuore di Emanuele e volentieri gli do voce. Dice così: Più che un testamento è una raccolta di espressioni emerse nel corso degli anni che mi hanno guidato fin qui.Ho vissuto momenti di gioia, ma anche di difficoltà fisiche e interiori, in particolare la sofferenze nel vedere amici lasciare questo mondo troppo in fretta e talvolta anche l’ingiustizia e l’arroganza degli uomini, che mi hanno fatto molto male. Tuttavia, trovo in tutto la mano di Dio che mai è venuta meno. La presenza costante di Gesù Cristo lungo tutto il mio cammino.Il mio ministero di sacerdote l’ho vissuto non tanto come ruolo ma come dono, anzi come ruolo mi ha mandato in crisi. Ne ho sentito la forte responsabilità, ma ho sperimentato anche la grazia di poter essere strumento di misericordia nelle mani di Dio Padre.
Della stessa misericordia sento il bisogno; vorrei pertanto chiedere perdono alla Trinità Santissima e a tutti voi, che di Essa siete l’immagine bella: perdono per quello che avrei potuto fare e non ho fatto e per il poco amore che ho espresso in vita. Mi riprometto di farlo da lassù e spero tanto che il Padre celeste e tutti voi mi concederete la grazia del perdono. Ora desidero solo dire grazie, in particolare alla mia famiglia e ad alcune persone speciali, tra i tanti amici. Da mia madre ho imparato tantissime cose: la semplicità, la gioia, nonostante tribolazioni e sofferenze; il volersi bene tra fratelli, anche nella diversità e a volte nell’incomprensione; il non giudicare. Che bello: da mia madre non ho mai sentito pettegolezzi o critiche gratuite, cosa che invece mi ha sempre infastidito, soprattutto quando venivano dai così detti buoni cristiani! Ho succhiato dal suo seno, assieme al latte, anche il dono della fede. Grazie mamma! Del papà mi rimane l’esempio di laboriosità e la semplicità, nonostante ci siano state tra noi incomprensioni per il suo carattere talvolta poco conciliante. Grazie lo stesso papà, certamente non è tutta colpa tua. Sono stato fortunato perché ho incontrato molte persone belle, buone, generose. Posso dire che ho avuto della provvidenza il dono di incontrare dei “genitori spirituali” come sono stati per me Carletto e sua moglie Giuseppina, che mi hanno sostenuto e fatto toccare con mano il segno della provvidenza. Giuseppina e Carletto sono i miei angeli accanto ai miei arcangeli mamma Anna e papà Agostino. Grazie Pina e Carletto. Naturalmente non posso non ringraziare le mie sorelle Susy, Gloria, Antonella che specialmente in questo ultimo periodo della mia vita mi sono state a fianco e di validissimo aiuto. Grazie Susy, Gloria e Antonella assieme ai rispettivi mariti e ai nipoti Eleonora, Samuele, Chiara e Lucia. Concludo con una frase che mi ha scritto come testamento don Tonino Bello dal suo letto prima della sua dipartita: “Emanuele, Maria ti accompagni la sera sull’uscio di casa”. Sì spero tanto che sia Maria ad accompagnarmi e a sbrigare le ultime faccende burocratiche per entrare definitivamente nella vita senza fine. Pregate per me, io sarò con voi.
Emanuele
Un’ultima parola per ascoltare ancora una preghiera che Emanuele ha condiviso con don Tonino.
Porta come titolo Preghiera nella sofferenza. Scritta dal letto della malattia risuona benedizione per tutti noi
Vi benedico da un altare scomodo, ma carico di gioia.
Vi benedico da un altare coperto di penombre, ma carico di luce.
Vi benedico da un altare circondato da silenzi, ma risonante di voci.
Sono le grazie, le luci, le voci dei mondi, dei cieli e delle terre nuove
Che, con la Risurrezione, irrompono nel nostro mondo vecchio
E lo chiamano a tornare giovane.
Se poi verrete alla mia tomba chiedetemi solo che preghi per la vostra fede. Questo è il mio augurio: che possiate trovare nella preghiera la bussola per la vostra vite e possiate coniugare la preghiera con il quotidiano e la sua giustizia, così che si manifesti in mezzo a noi il Suo Regno.
Amen. Alleluja
Grazie Emanuele, anche per queste parole di benedizione!
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