«Dimostriamo a tutti la bellezza delle famiglie»
di ADRIANA VALLISARI
Intervista a don Enzo Bottacini, neo direttore del Centro diocesano di Pastorale familiare
di ADRIANA VALLISARI
– Don Enzo Bottacini, lei da poche settimane è stato incaricato alla direzione del Centro diocesano di Pastorale familiare, dopo aver collaborato dal 2012 al 2018 con l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia. Che cosa ha ricavato dall’esperienza maturata in Cei? C’è qualche progetto che ha visto altrove e che porterà a Verona?
«Ritengo un grande dono l’aver potuto servire la famiglia nel grande osservatorio della Chiesa che è l’Italia, come oggi ringrazio il Signore di essere parroco in una bella comunità (Padenghe, ndr). Sia nel grande areopago italiano, sia nella piccola piazza di paese continuo a sperimentare come la famiglia rimane la via della Chiesa e della società. È indubbio che oggi parole come famiglia e comunità non sono più date per scontate, ma sono un compito da svolgere, un lavoro “artigianale” da costruire con passione, un obiettivo da perseguire. Oggi per vivere la famiglia e la comunità occorre volerlo, cercare del tempo per sé, per la coppia, per i figli, per gli altri, per Dio. Talvolta abbiamo l’impressione di rincorrere la vita e non vediamo l’ora di vivere dei momenti “lenti” con chi amiamo. Tuttavia non possiamo fare esperienza della famiglia se essa rimane un’isola, e non possiamo sentirci comunità se non diventiamo come una famiglia. Le difficoltà della famiglia sono sotto gli occhi di tutti nella cronaca di ogni giorno in cui rimbalzano notizie di amori malati, che spesso sfociano nella violenza e nei femminicidi. Anche le nostre comunità ecclesiali sono, talvolta, coinvolte in divisioni e scandali che non danno di noi una buona testimonianza. Non dimentichiamoci, però, della grande e silenziosa “foresta” che cresce nelle case e che, come afferma il Papa, ha l’impegnativo compito di “rendere domestico il mondo”. A Roma ho vissuto da vicino il Sinodo della famiglia e ho avuto modo di leggere i questionari sulla famiglia di tante Diocesi italiane».
– Cosa riportavano?
«Tante famiglie hanno sottolineato l’importanza dell’accompagnamento da famiglia a famiglia in una sorta di “tutoraggio” che consenta un reciproco sostegno; di un metodo e di uno stile familiare che contagi la vita fraterna della comunità ecclesiale, di una maggiore stima e collaborazione reciproca tra sacerdoti e sposi; di un orario lavorativo che consenta alla famiglia di crescere i figli; di politiche fiscali “a misura di famiglia”; di costruire un ponte nelle “età della vita”, una sana alleanza tra le generazioni. Sogno coppie di sposi che hanno il coraggio di raccontarsi agli altri, che escano dalla logica di una “vita fotocopia” e si sentano responsabili di altre coppie, che non temano di compiere scelte coraggiose nell’educazione, nel volontariato, nel mondo della cultura, a servizio della casa comune».
– Come può declinarsi in termini pratici la pastorale familiare in un mondo, come l’attuale, in cui il matrimonio è scelto sempre meno dalle coppie?
«Se papa Francesco parla di un’evangelizzazione “per contagio”, la testimonianza di famiglie tribolate ma contente è l’unica via “attrattiva”, perché altri innamorati si pongano la domanda se vale ancora la pena oggi sposarsi nel Signore, metter su famiglia, educare figli, avere la gioia di essere nonni. Occorre che coltiviamo, facciamo crescere e risplendere il “grano buono” della famiglia. Chi vive e testimonia l’amore nel sacramento del matrimonio promuove il “primato della grazia”. Essa fa risplendere nella coppia la luce di Cristo, i suoi lineamenti, i suoi gesti, le sue parole. Promettersi è anticipare il futuro a partire dalla fedeltà di ogni giorno, fatta di “rituali quotidiani condivisi”. Soltanto chi si fa custode di una promessa la può testimoniare con gioia e coraggio ad altri che, un po’ intimoriti dalle quotidiane notizie dei fallimenti, temono di non far durare l’amore. Ce lo ricorda Benedetto XVI quando afferma che “nell’amore tra l’uomo e la donna si schiude una promessa di felicità di fronte alla quale tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono”».
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