A servizio degli altri sull’esempio di Cristo
di ALBERTO MARGONI
In Cattedrale il vescovo Zenti ha ordinato diaconi cinque giovani seminaristi
di ALBERTO MARGONI
Domenica 11 aprile vescovo Giuseppe Zenti ha ordinato diaconi cinque giovani del Seminario diocesano. Si tratta di Nicola Bonomi, 25 anni, della parrocchia di Santa Maria della Pace (Madonna di Campagna); Quốc Vinh Francesco Hà Ngọc, 23enne di Illasi; Francesco Lampronti, 25 anni, della parrocchia cittadina di San Francesco d’Assisi all’Arsenale; Claudio Tumolo, 29enne di Valeggio sul Mincio; Giacomo Zanzoni, 25 anni, di Porto di Legnago. Li abbiamo incontrati.
– Claudio Tumolo, cos’è il diaconato?
«Il diaconato è il primo grado del sacramento dell’Ordine, finalizzato all’aiuto e al servizio del presbiterio e del Vescovo. Il nome diacono deriva dal greco diakonos, che significa letteralmente “servo”. Questo termine è stato utilizzato nel Nuovo Testamento per indicare la modalità nuova con cui Cristo si è presentato nel mondo: il Signore si è fatto servo di tutti. Questo ci ricorda l’essenza di ogni cristiano: essere cristiano significa mettersi al servizio degli altri fino alla rinuncia e al dono di sé per amore, sull’esempio di Cristo. L’attenzione al servizio richiama un’esistenza decentrata da sé stessi, per mantenere il centro nella relazione con il Signore e verso gli altri. Il diacono trova un senso autentico nella misura in cui riesce ad essere un ponte che favorisce la relazione con il Signore della comunità cristiana. Egli richiama con la propria vita l’atteggiamento che tutta la comunità cristiana è chiamata ad assumere, in primo luogo per il presbiterio e l’episcopato, che sono chiamati a vivere il proprio ministero nella forma del servizio alla comunità. Il diacono infatti mostra la bellezza di una vita votata al servizio, proprio perché ha fatto esperienza che Cristo si è fatto servo. Per questo l’unica risposta possibile è servire il Corpo di Cristo con tutta la vita e con tutte le energie».
– Francesco Lampronti, quali sono i compiti del diacono?
«Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica Lumen Gentium, al numero 29, sintetizza il ministero diaconale con la triade “diaconía della liturgia, della predicazione e della carità": è in questi tre ambiti che il diacono è chiamato a servire il popolo di Dio, in comunione col Vescovo e con il suo presbiterio. Il diacono, dunque, per quanto riguarda il servizio della liturgia e della predicazione, può amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo (tenere quindi anche l’omelia), presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali (ad esempio le benedizioni), presiedere al rito funebre e alla sepoltura. Il diacono, poi, è anche colui che è dedicato agli uffici di carità e assistenza. A tal proposito, il Concilio invita i diaconi a fare proprio il monito di san Policarpo: “Essere misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti”».
– Giacomo Zanzoni, perché prima di diventare preti è richiesta l’ordinazione diaconale?
«Il sacramento dell’Ordine, grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi, si configura sin dall’antichità in tre gradi: diaconato, presbiterato, episcopato. Per diventare preti, secondo grado dell’Ordine sacro, è dunque necessario ricevere precedentemente l’ordinazione diaconale. Il diacono è un ministro ordinato in modo particolare per il servizio alla Chiesa, così egli si conforma a Cristo, il quale si è fatto servo di tutti. Questo ministero viene esercitato in modo proprio dal diacono nel servizio all’altare mentre assiste il sacerdote, nel servizio alla Parola che egli proclama e riguardo alla quale può rivolgere ai fedeli l’omelia e nel servizio alla carità, in particolare collaborando con la Caritas diocesana. Tutti questi compiti vengono assolti in comunione e sotto l’autorità del Vescovo diocesano. Il ministero del diacono non viene annullato o sostituito dall’ordinazione presbiterale, ma viene piuttosto approfondito e ne costituisce il fondamento che per sempre permane come servizio alla Chiesa».
– Nicola Bonomi, dopo l’ordinazione sarà chiamato a svolgere per alcuni giorni alla settimana il ministero pastorale in una parrocchia. Quali sono le sue attese?
«Con l’ordinazione diaconale entriamo progressivamente nelle varie realtà parrocchiali che ci verranno affidate e a cui, a nostra volta, verremo affidati. Siamo trepidanti di spenderci al meglio lì dove la Provvidenza ci condurrà, sicuri fin da ora dell’accoglienza gioiosa dei parroci e di tutto il presbiterio. Il diacono, come il presbitero, è chiamato a tessere comunione e quindi ha bisogno di sperimentare comunione vivendo un clima di famiglia nella quotidianità della sua vita e del suo ministero, quel clima di famiglia che lo dispone poi ad essere strumento di comunione dentro la comunità con attenzione particolare ai piccoli e ai poveri. Nell’omelia per il Giubileo dei sacerdoti, papa Francesco ha ricordato che “il cuore del pastore di Cristo conosce solo due direzioni: il Signore e la gente”. Sarà entusiasmante provare a percorrere queste strade testimoniando, nella quotidianità, la diaconìa dell’amore di Cristo».
– Quốc Vinh Francesco Hà Ngọc, quanto hanno influito le limitazioni dovute alla pandemia nel cammino di preparazione personale e della vostra classe al diaconato?
«Questi mesi verso il diaconato sono stati caratterizzati da periodi in Seminario alternati ad altri vissuti nelle nostre famiglie e parrocchie. Mesi, direi, del tutto unici. Da una parte, un’esperienza forte di vita comunitaria, rimanendo in Seminario anche il sabato e la domenica; dall’altra, la possibilità di trascorrere un tempo più disteso nelle proprie case e parrocchie. Penso che anche in questo tempo il Signore Gesù ci abbia indicato il modo migliore per prepararci ad essere servi, a somiglianza di Lui, il Servo obbediente. In Seminario, abbiamo sentito la necessità di un contatto con la vita delle nostre parrocchie, a partire dall’incontro con le persone; penso alle settimane trascorse a Illasi, dove ho avuto la possibilità di partecipare alle Messe feriali, insieme a momenti di riunione e preghiera (là dove era possibile) ai quali normalmente non possiamo andare, vivendo in Seminario. A casa, invece, cresceva il desiderio della vita comunitaria: un elemento di bellezza in questi anni di Seminario è l’esperienza di un’intensa preghiera comune, a partire dalla Liturgia delle Ore che qui possiamo recitare e cantare insieme. Riconosco in tutto questo come una bussola per il nostro ministero, che prende la sua forma con il diaconato: il servizio di Dio, a partire dalla preghiera comunitaria e dalla vita fraterna, e il servizio alle persone, fratelli e sorelle che il Signore ci fa incontrare. In questi mesi “a domicilio alternato”, nella mancanza da una parte della vita comunitaria e dall’altra della vita parrocchiale, ci viene indicato il cammino per il ministero, chiamata mai individuale, ma sempre personale e comunitaria. Proprio in questo tempo, abitato dalla grazia di Cristo, Egli ci prepara: ricordandoci che senza di Lui non possiamo fare nulla e che siamo chiamati a dare la vita per i fratelli».
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