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Vicini al prossimo, vicini a Dio: il Gruppo giovani dentro Caritas

di FRANCESCO OLIBONI
Don Malosto: l’obiettivo è associare cammino di fede e servizio agli ultimi

Vicini al prossimo, vicini a Dio: il Gruppo giovani dentro Caritas

di FRANCESCO OLIBONI
Una collaborazione tra Centro di pastorale giovanile e Caritas nata al centro di accoglienza per richiedenti asilo Madonna di Guadalupe, a San Massimo, e rinforzata dalla nomina a direttore di Caritas di don Matteo Malosto, già direttore del Cpag. L’estate 2024 a servizio del prossimo nei viaggi missionari organizzati dalla diocesi. La crescita sempre maggiore del gruppo di Missio giovani, all’interno del Centro missionario diocesano, che vede anche una stretta collaborazione con i giovani degli istituti religiosi missionari della città. Un fermento giovanile nell’ambito del volontariato e della solidarietà che è sempre più vivo all’interno della Chiesa di Verona.
È in questo contesto di Chiesa sempre più giovane, che ad ottobre è nato in Caritas il gruppo “To stay is to make a difference!“: un progetto che in questi giorni sta cambiando nome, dedicato a ragazze e ragazzi dai 19 ai 35 anni che si concentra sul servire coloro che la società chiama “ultimi”, ma con un forte legame alla fede, scoglio sicuro che permette di trovare la strada per riuscire a vivere veramente.
Questo nuovo gruppo all’interno di una Chiesa che si fa giovane, vede nella sua ossatura originaria molti giovani che sono stati con Caritas in Georgia l’estate scorsa, ma ha trovato ben presto tantissime nuove adesioni grazie al passaparola. Questo il pensiero di don Malosto: «È un cammino dedicato ad una fascia di età giovanile, perché partendo dal servizio di volontariato nella propria città, può nascere qualcosa di forte e importante per la vita di ogni ragazzo. A livello umano e nella fede. Per la nostra Chiesa si tratta veramente di un progetto importante».

– Servizio ed esperienza di fede: è questa la formula?
«L’obiettivo è associare cammino di fede e servizio. Questo per dare profondità al servizio e per dare verità alla fede. Si tratta di una sintesi di queste due cose».

– Da dove nasce questa idea?
«Nasce da giovani per altri giovani. Chi è stato in Georgia l’estate scorsa, ha vissuto un’esperienza di servizio molto forte, ma anche una condivisione della fede altrettanto significativa. Tant’è che, una volta tornati, questi giovani hanno proposto di provare a rivivere le stesse emozioni a casa. Così è nata l’idea per loro di inserirsi in Caritas per un servizio nelle sue diverse realtà: chi una volta al mese, chi una volta a settimana».

– Come siete partiti?
«Innanzitutto, con alcuni di questi giovani siamo andati al Sermig di Torino per prendere degli spunti. Ma la cosa bella è che non è nato nulla a tavolino, ma si sta creando strada facendo. Avrà un futuro? Se è una cosa di Dio andrà avanti, se non è una cosa di Dio si fermerà. Da quella quindicina di ragazze e ragazzi con cui siamo partiti ad ottobre, ci siamo ritrovati sabato scorso in una settantina».

– Quindi, ricapitolando, come si possono riassumere le coordinate del progetto?
«Una fede che diventa servizio, però un servizio che diventa profondità. Con il Vangelo del giudizio universale e il suo “Lo avete fatto a me!” che ci accompagna. Ecco cosa intendo quando parlo della verità della fede e della profondità del servizio. Purtroppo, oggi, tanti dei nostri percorsi spirituali restano un po’ fini a se stessi e permettono ai giovani di mettere poco le mani in pasta. Così come anche tante proposte di servizio restano spesso un po’ in superficie. Il nostro intento è proprio quello di fare sintesi tra le due, per il bene dei nostri giovani e delle persone che incontreranno».

«Così stiamo anche costruendo percorsi di fraternità»
«A me stupisce tanto quello che sta nascendo come gruppo giovani in Caritas. Gruppo che è partito in modo molto spontaneo dall’inizio. Oggi stiamo vivendo tra di noi una cosa bella che poi possiamo portare nel servizio agli altri e al prossimo. Quello che viviamo è uno sguardo di cura e di attenzione l’uno verso l’altro, perché lo sguardo è fondamentale: come ci guardiamo tra di noi, riusciamo a capire e ad avvicinarci allo sguardo che ha Dio verso di noi. Che è uno sguardo di chi ci ama e che quindi ha la verità di quello che siamo.  Stiamo sperimentando la bellezza che c’è nel prendersi cura l’uno dell’altro e dell’avere attenzione per le piccole cose, per i talenti di ciascuno e aiutarci a metterli in condivisione. Abbiamo vissuto già una settimana insieme di convivenza, che ci ha portato a dire che è uno dei pilastri su cui vogliamo un po’ costruire questa fraternità.  Quindi ne abbiamo già programmate altre due, perché appunto è nel condividere insieme la quotidianità di ognuno che scopriamo quanto è straordinario vivere tutto questo se coinvolgiamo anche Dio nella nostra vita e nella relazione con gli altri e che scopriamo così di essere fratelli»
Nicole Temporin

«Questo progetto che sta nascendo con gli altri ragazzi mi sta facendo un sacco riflettere sulla fragilità, che non è solo la fragilità che vediamo negli altri, ma ci stiamo allenando anche a condividere le nostre e a riscoprirci poveri, ma non in senso negativo. Poveri nel senso di essere bisognosi dell’altro, per sentirci amati e bisognosi soprattutto di Dio, per sentirci figli. Stiamo vedendo appunto che riscoprendoci fragili, possiamo guardare l’altro in modo diverso».
Martina Pagan Griso

«Parlando tra di noi, facendo anche un po’ di discernimento, abbiamo cercato di costruire come deve essere la nostra fraternità e anche perché è importante per noi essere fraternità. E ce lo siamo scritti per non dimenticarci i punti cardine del nostro gruppo»
Francesco Gironda

«C’è una frase che penso possa descrivere bene quello che stiamo vivendo e che, secondo me, racchiude il significato dell’essere Chiesa: “Ciascuno di noi cresce solo se sognato”. È bello che ciascuno di noi condivida a modo suo un sogno. Sicuramente ogni sogno per ciascuno è diverso, ma è un sogno che ci accomuna verso una verità, quella dell’essere figli e fratelli. Ciò descrive bene il nostro essere Chiesa e il camminare insieme».
Alessia Dodoni

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