Un tesoro nascosto
di NICOLA SALVAGNIN
Come smobilitare questa massa di denaro, che nel 2020 pandemico si è ulteriormente ingrossata di altri 200 miliardi di euro?
di NICOLA SALVAGNIN
C’è un secondo Recovery Fund nascosto nei conti correnti degli italiani. Lo abbiamo già scritto, lo ripetiamo: ci sono 1.774 miliardi di euro fermi nei nostri conti correnti, una cifra mostruosa completamente immobile e infruttifera. La redditività lorda media di questa montagna di denaro – pari al Pil unificato di diversi Stati africani – è dello 0,03 per cento annuo: niente, insomma, considerato che queste briciole di interessi a loro volta sono tassate dallo Stato che se ne porta via quasi un terzo.
Un tesoro che fa parte degli oltre 10mila euro di patrimonio privato complessivo degli italiani: più della metà fatto di mattoni, il resto di liquidità e investimenti finanziari.
Questi ultimi languono. La Borsa italiana è in continua contrazione di titoli, che si tolgono dal listino o che vengono tolti dai nuovi acquirenti. Novità quotate ne arrivano con il contagocce; i listini minori non hanno grande successo, per usare un eufemismo. I titoli di Stato interessano più a fondi pensione californiani e a fondi di investimento norvegesi, che ai risparmiatori italiani; le obbligazioni non rendono niente in cambio di grossi rischi, e quindi…
Ci sono molti altri strumenti finanziari, dai più semplici (Etf) ai più sofisticati: ma la gestione degli stessi deve essere professionale, e gli italiani si fidano poco di chi possa maneggiare i loro soldi. Una questione culturale che non si supera in un amen.
Già: ma come smobilitare questa massa di denaro, che nel 2020 pandemico si è ulteriormente ingrossata di altri 200 miliardi di euro? Sono soldi che potrebbero rivitalizzare l’economia italiana senza costringere lo Stato ad indebitarsi più di tanto, perché i debiti vanno poi onorati (ce ne dimentichiamo sempre).
Non c’è la ricetta magica e univoca, chiariamolo subito. C’è solo da constatare una situazione “malata” – solo gli italiani detengono una simile quantità di liquidità infruttifera nei conti –, e la mancanza di un ponte che colleghi questi soldi all’economia reale. Si chiamano investimenti, di solito danno dei rendimenti.
Invece sembra più diffusa la convinzione che i risparmi siano totalmente scollegati dagli investimenti. Che è meglio rischiare zero e avere zero, piuttosto che… Salvo il fatto che tutta quella liquidità pesa sui bilanci delle banche (devono pagare interessi passivi alla Bce sulla liquidità ferma nei conti); banche che a breve… ce la faranno pagare. Ma se non si creano validi strumenti finanziari per costruire quel ponte, le pecorelle rimarranno ferme sul bordo della riva anche se riceveranno più bastonate.
Il mattone non è un’alternativa. Facilissimo da individuare e da tassare, ha anzitutto un valore fittizio: può valere da zero a… Né si può andare al supermercato a fare la spesa, dando in cambio un pezzo di muro o un lavandino. Sembra l’investimento più solido, in realtà è il più fragile.
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