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Tablet per allenarsi se la mente va in tilt

In dono dalla onlus A.l.i.Ce. per la telemedicina

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Tablet per allenarsi se la mente va in tilt

Paola ha avuto un ictus e sta affrontando il percorso del recupero. Senza recarsi in ospedale, può fare riabilitazione neuropsicologica dal salotto di casa grazie a un tablet su cui sono installati specifici programmi per esercitare e recuperare funzioni cognitive quali memoria, attenzione, ragionamento, linguaggio. Da remoto uno specialista controlla i suoi progressi e indirizza di volta in volta l’attività riabilitativa.
Nessuno spostamento, ora reso ancor più complicato dalla pandemia, per lo smart working rehab: forma di riabilitazione “agile” in telemedicina che non facilita soltanto il paziente, non dovendo per esempio chiedere permessi al lavoro, ma anche i familiari che se ne prendono cura. Pensando ai vantaggi, A.l.i.Ce. Verona (Associazione per la lotta all’ictus cerebrale) ha destinate un contributo di 14mila euro di recente ottenuto da Unicredit, nell’ambito dell’assegnazione dei Fondi carta etica, per l’acquisto di attrezzature per le attività di riabilitazione motoria e neuropsicologica. La strumentazione è stata messa a disposizione dell’unità operativa complessa di neuroriabilitazione dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata con sede al policlinico e del Centro di ricerca in riabilitazione neuromotoria e cognitiva (dipartimento di neuroscienze, biomedicina e movimento dell’ateneo scaligero), entrambi diretti dal prof. Nicola Smania, coi quali la onlus collabora da anni.
Alla palestra dell’unità di Borgo Roma sono stati donati uno “standing elettrico” per la verticalizzazione assistita dei pazienti e un “ciclo ergometro” per la mobilitazione degli arti superiori e/o inferiori, rendendo possibile l’attuazione di attività aerobica in soggetti che si muovono con difficoltà. Tali strumentazioni tecnologiche sono fondamentali nella pratica riabilitativa neuromotoria: permettono di agevolare il lavoro del fisioterapista e di trattare pazienti gravemente compromessi, impegnati nelle prime fasi della malattia.
Quanto al dispositivo nelle mani di Paola, è uno dei dieci “neurotablet” per la teleriabilitazione a distanza, a cui se ne somma uno per la programmazione da remoto, che A.l.i.Ce. ha acquistato e reso disponibili alla neuroriabilitazione che li consegna in comodato d’uso gratuito ai pazienti che ne possono beneficiare. Così persone come Paola hanno modo di effettuare la riabilitazione neuropsicologica da casa in maniera adeguata, efficace e continuativa tutti i giorni della settimana e più volte al giorno per il tempo necessario. A monitorarli a distanza sono le neuropsicologhe del Centro che impostano obiettivi ed esercizi da svolgere fino alla rivalutazione.
«La onlus A.l.i.Ce. riesce a portare beneficio laddove il paziente c’è, nella struttura sanitaria. È l’ennesima prova di come le associazioni possano dare il proprio contributo, in questo caso a favore dei pazienti con cerebrolesione acquisita, sia essa di tipo traumatico (trauma cranico) o vascolare (ictus)», sottolinea Valentina Varalta, psicologa e ricercatrice nell’ambito della neuropsicologia che lavora all’ateneo scaligero e collabora con la onlus costituita a Verona nel 2010 da malati, familiari, volontari, personale sanitario specializzato nella neuroriabilitazione. «Interesse dello psicologo in questo ambito è inoltre valutare gli aspetti psicologici che, assieme a quelli cognitivi e motori, definiscono il benessere del paziente e il suo livello di funzionamento e autonomia nella vita di tutti i giorni», continua.
«Le persone tendono a fossilizzarsi sulla problematica motoria, perché più evidente ma quella cognitiva ha un impatto altrettanto importante su autonomia e benessere della persona, tuttavia a essa sono destinate ancora troppo poche risorse. In queste patologie servirebbe una presa in carico non solo del paziente che soffre, ma della famiglia, che non viene sufficientemente considerata», conclude. Da un'indagine condotta da A.l.i.Ce. Italia in collaborazione col Censis, su un campione di oltre 500 pazienti colpiti da ictus cerebrale medio-grave, emerge che un quarto circa non riceve alcun trattamento riabilitativo; per metà delle restanti situazioni, le attività riabilitative sono a carico esclusivo della famiglia. Dati a conferma di come la riabilitazione sia effettuata in modo disorganizzato e frammentario. E a farne le spese sono, purtroppo, malati e familiari.

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