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"Qui non si butta via niente!"

Da dieci anni le Acli veronesi portano avanti il Progetto Rebus: un modello vincente che evita gli sprechi alimentari e permette di aiutare chi è in difficoltà

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"Qui non si butta via niente!"

«Qui non si butta via niente!». Il ritornello tipico di ogni nonna rivive nel progetto Rebus (Recupero eccedenze beni utilizzabili solidalmente). Promosso dalle Acli provinciali di Verona, questo circolo virtuoso da dieci anni punta ad azzerare gli sprechi alimentari. Un modello ben oleato di rete, che sottrae beni invenduti o non utilizzati per darli gratuitamente a enti di assistenza che aiutano persone in difficoltà.

Dal pane rimasto sugli scaffali fino ai pasti pronti non consumati nelle mense scolastiche: cibo che rischia di finire nella pattumiera e invece si salva finché è ancora buono. Lo stesso vale per i farmaci senza obbligo di ricetta: anziché buttarli, si girano a chi ha bisogno, prima che arrivino a naturale scadenza. Il tutto nel rispetto delle norme di conservazione e di quelle igienico-sanitarie, con uno sforzo logistico notevole e una volontà di trasparenza che ha reso il marchio Rebus un’eccellenza a livello italiano.  

«Siamo in una fase espansiva: il tavolo di coordinamento istituito dalle Acli nazionali ci ha assegnato il compito di accompagnare i territori interessati ad avviare un progetto di lotta allo spreco e di armonizzare le azioni già realizzate in alcune sedi provinciali in Italia», fa sapere Martina Tommasi, referente dell’ufficio progettazione di Acli Verona. Oggi, infatti, il progetto è stato replicato a Vicenza, Brescia e Mantova. A breve, invece, partirà la sperimentazione sui farmaci ad Ancona e Frosinone e il recupero di alimenti a Ravenna, Napoli e Foggia. In totale sono una ventina le province interessate a proporre il progetto nei propri territori, adattandolo alle specifiche peculiarità.

Dall’agosto 2016 esiste la legge Gadda contro gli sprechi alimentari. Una norma che punta ad agevolare le prassi di recupero e che “copia” quanto già sperimentato dalle Acli in questo decennio. «È vero, abbiamo cominciato in tempi non sospetti a lavorare su queste procedure strategiche – continua la responsabile –. Oggi Rebus è un marchio registrato e tutela chi ne fa parte: è un modello di circolarità, che permette di lavorare in maniera sinergica, lasciandoci la regia di questa catena del bene». Un esempio positivo, che ha contagiato via via diverse realtà: oggi sono una sessantina i soggetti coinvolti, altrettanti quelli che ricevono i prodotti e poi li smistano attraverso i propri canali.

All’interno del circuito chi dona si libera di un potenziale rifiuto da smaltire e, al contempo, può essere premiato con degli sgravi fiscali. «È una novità assoluta e non sono molte le realtà territoriali che l’hanno prevista: il Comune di Verona è uno dei pochi a essersi attivato in questa direzione, per rendere l’agevolazione sistematica – evidenzia Tommasi ­–. La prossima bolletta di pagamento della tassa rifiuti destinata alle aziende agroalimentari, in fase di emissione, pubblicizzerà i vantaggi fiscali per chi aderisce al progetto». Un incentivo ulteriore, che agisce sul portafogli, per stimolare la crescita della rete solidale.

Il fiore all’occhiello del recupero, in terra scaligera, interessa soprattutto la filiera agroalimentare, con oltre un milione di chilogrammi di generi alimentari raccolti nel 2017; una cifra che potrebbe salire ancora, dato che la rendicontazione non è ultimata. Si tratta soprattutto di pane e prodotti da forno donati da panifici e supermercati; frutta e verdura del mercato ortofrutticolo di Verona oppure eccedenze agricole della comunità europea (con un bilico di prodotti Agea che arriva ogni due settimane); pasti cotti presi dalle mense scolastiche e ricchi di nutrienti ricercati, come le proteine e le vitamine.

«Non abbiamo magazzini, perciò smistiamo tutto nel più breve tempo possibile, grazie all’aiuto di decine di volontari – precisano dalle Acli –. La raccolta avviene in modo coordinato e coinvolge le realtà territoriali più vicine e attrezzate». Ad esempio, una decina di associazioni si alternano mattina e sera all’approvvigionamento nel supermercato Iper Le corti venete, a San Martino Buon Albergo. A ritirare i piatti delle mense scolastiche del Comune di Verona, invece, ci pensano Il Samaritano, la San Vincenzo o la Ronda della carità, capaci di garantire la corretta conservazione dei prodotti già cucinati, quindi più facilmente deperibili. «Il lavoro sul prodotto fresco di giornata è faticoso, ma garantisce un aiuto dignitoso a chi è in difficoltà ­– sottolinea Tommasi ­–. Le richieste da parte delle associazioni, in questo decennio di crisi economica, sono continuamente aumentate e ancora oggi vediamo che la situazione di bisogno non cessa: nessun ente beneficiario ci dice “dateci pure di meno perché gli assistiti sono calati”, anzi». La povertà qui si tocca con mano: dai senzatetto alle mense per i poveri, passando per le famiglie aiutate dagli empori della solidarietà della Caritas, fino alle comunità alloggio per madri sole o ex tossicodipendenti.  

Con gli stessi criteri si smistano pure i medicinali, che da un anno e mezzo arrivano pure dalle farmacie private, grazie a un accordo con Federfarma Verona. Sono confezioni ancora integre ma in fase di scadenza, per le quali non occorre una prescrizione medica. «In questo caso le recuperiamo direttamente noi in farmacia e poi le prepariamo in appositi scatoloni, destinandoli in base alle diverse fasce di utenza, assicurandoci che i prodotti per l’infanzia non arrivino ad associazioni che si occupano di anziani o viceversa – conclude la responsabile –. Anche in questo campo il bisogno è alto: di questi tempi c’è chi fatica persino a comprarsi un collirio».

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