Incontri e ballo swing contro la sclerosi multipla
di MARTA BICEGO
Sono parte fondamentale della “terapia” nel progetto Esprimo dell'ateneo scaligero
di MARTA BICEGO
Partire dalla malattia sia per contrastare lo stigma e l’isolamento, sia per migliorare la qualità di vita e insieme promuovere la resilienza del paziente attraverso una terapia basata anche (ma non solo) su attività psicologiche e motorie di gruppo. Queste le premesse di “Esprimo. Esplorare, supportare e promuovere la resilienza in giovani adulti con sclerosi multipla”: iniziativa nata nell’ambito del programma “Comportamenti e benessere: un approccio multidisciplinare per favorire la qualità della vita in condizioni di vulnerabilità” come progetto del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’Università di Verona coordinato da Federico Schena e Lidia Del Piccolo.
Alla base, una ricerca avviata a settembre dello scorso anno che si è conclusa a giugno, coinvolgendo circa cinquanta persone e proponendo l’adozione di un approccio partecipativo. Comunicazione della diagnosi di sclerosi multipla, esordio di una sintomatologia che può essere invalidante, inserimento della terapia nel vivere di tutti giorni. Per il paziente sono tappe in cui «si trova proiettato in un mondo fatto di nuove relazioni e richieste di adattamento per il quotidiano e nella progettazione del proprio futuro», premette la psicologa psicoterapeuta Michela Rimondini, professore associato in Psicologia clinica dell’ateneo scaligero e coordinatrice del progetto Esprimo assieme al neurologo Alberto Gajofatto del gruppo interdisciplinare della Neurologia dell’ospedale di Borgo Roma.
La scoperta della patologia avviene, generalmente, in giovane età: in un momento già di per sé carico di incertezze, spiega, alle quali se ne aggiungono altre «di una malattia che ha un’evoluzione variabile e fortunatamente in molti casi benigna e favorevole. Trattandosi però di una condizione cronica, fa sì che la persona sia preoccupata rispetto alla storia familiare, affettiva o di realizzazione professionale». «L’intervento è stato co-creato con le persone che hanno la sclerosi multipla», evidenzia: proprio la richiesta partecipativa è, sottolinea, elemento di grande innovazione per essere il più possibile vicini ai bisogni reali. «In genere si valuta la qualità di un servizio creato a priori – aggiunge la psicologa –. Noi abbiamo costruito l’intervento con le persone che ne sarebbero state poi i fruitori». Quello adottato dalla équipe, composta da clinici e ricercatori di varie discipline, è un «modello bio-psico-sociale» trasversale e potenzialmente applicabile ad altre condizioni di cronicità, disabilità o vulnerabilità. «Unisce la visione legata alla cura del corpo e all’attività motoria, declinandola all’interno di un intervento che prevede un supporto psicologico e un’attenzione alla componente socio-relazionale», descrive.
La finalità è inoltre creare una rete di relazioni, contro la solitudine, ampliata ai familiari e alla società, in contrasto a isolamento e stigma. La sfida del team, precisa, «era dare una risposta alla rete del Centro regionale per la sclerosi multipla e creare uno spazio di incontro e socializzazione, di valorizzazione delle risorse». In questo s’inserisce la scelta del ballo swing tra le iniziative proposte: «Le attività motorie hanno evidenze scientifiche sui benefici che apportano sulla componente corporea e psicologica in termini di benessere». È un ballo che nasce dopo gli anni Trenta, supera negli Stati Uniti il clima della grande depressione, è stato uno dei collanti nel superare le barriere etniche: partito dalla comunità afro-americana, si è diffuso e ha avuto una sua evoluzione oltre a prestarsi, per ritmo e musicalità, alla conduzione dei pazienti che presentano diversi gradi di abilità nel movimento. Si tratta di un insieme di azioni che aiutano a sviluppare la resilienza: «Da un lato volevamo accogliere la vulnerabilità del malati – chiarisce Rimondini –, dall’altro dare una risposta che passasse dalla normalizzazione e dal richiamo delle componenti più sane di funzionamento positivo dei partecipanti, per potenziare le loro risorse residue».
Il progetto Esprimo ha ricevuto un finanziamento da parte della fondazione Verona Research Brain Foundation, che permette di pensare ad uno sviluppo dedicato alla popolazione giovane con sclerosi multipla e disabilità medio-elevata. Con un’ulteriore sfida, conclude: «Arrivare su tutto il territorio veronese, implementando gli interventi in modalità telematica, per poter estendere in futuro i risultati sul territorio nazionale».
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