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«I consumatori oggi: più consapevoli, più parsimioniosi»

di ADRIANA VALLISARI

L’esperta dell'Università di Verona: gli acquisti sono sempre più ponderati

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«I consumatori oggi: più consapevoli, più parsimioniosi»

di ADRIANA VALLISARI

Consumatori più consapevoli, ma pure più parsimoniosi, visti i tempi che corrono. Pandemia, caro-energia, inflazione, guerra: l’incertezza si riflette sulle scelte di vita. Anche dei veronesi. Siamo preoccupati per la nostra situazione economica familiare: lo dice una recente ricerca condotta dal dipartimento di Scienze umane dell’Università di Verona, realizzata in collaborazione con Adiconsum e Coldiretti.
Nel mese di dicembre sono stati intervistati telefonicamente 1.005 residenti nel Comune e nella provincia: un campione rappresentativo che evidenzia, ed era prevedibile, una revisione delle abitudini di consumo. A partire da quelle più spicciole, ma basilari, come riempire il carrello della spesa stando attenti alla qualità ma anche al prezzo dei prodotti, fino alle pratiche salva-bolletta, riducendo ad esempio la temperatura del riscaldamento in casa.
Aggiustare i consumi significa incidere sui nostri stili di vita. Che, a ben vedere, erano già iniziati a cambiare, prima ancora dell’urgenza di emanciparci dal gas di Putin. L’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, per dire, è del 2015, mentre era l’estate del 2018 quando una sconosciuta Greta Thunberg iniziò a sedersi fuori dal parlamento di Stoccolma, iniziando il suo sciopero per il clima... Abbiamo interpellato sul tema Debora Viviani, docente di Sociologia dell’ateneo scaligero, che insieme al collega Sandro Stanzani ha coordinato la ricerca sui consumi dei veronesi.
– Oggi la parola “sostenibilità” è molto di moda. Ma c’è oggettivamente una maggior consapevolezza su questo tema, in generale, da parte dei consumatori?
«Sì, è cresciuta molto. È senz’altro un concetto in auge, di cui si era iniziato a parlare con la crisi economica, intorno agli anni 2010-2012. Nata come strategia di consumo finalizzata al risparmio, poi è diventata un’abitudine: alla fine i consumatori hanno iniziato a fare delle scelte concrete in questa direzione, c’è un’attenzione molto più diffusa. È un atteggiamento di tendenza? In parte sì, ma resterà di sicuro».
– Siamo di fronte a nuova cultura: anti-spreco, più attenta all’ambiente, all’uso delle risorse e alla filiera produttiva. E tutto questo s’inizia a imparare già in classe...
«Le giovani generazioni hanno input frequenti su questo tema, a partire dall’ambito scolastico. A livello educativo hanno avuto accesso a informazioni relative all’educazione alimentare, all’attenzione all’ambiente e al territorio; inoltre frequentano il web e sono quindi più allenate a cercarsi le informazioni. Hanno imparato a leggere le etichette, a chiedersi da dove viene un prodotto, com’è stato generato, se è di qualità e quali ricadute ha sulle persone e sul pianeta. Molto più dei consumatori adulti».

– Tutto ciò si innesta nello scenario turbolento degli ultimi tre anni. Stringendo lo sguardo sulla nostra quotidianità, quali cambiamenti avete rilevato?

«Vediamo un consumatore preoccupato per il presente e per il futuro, costretto a fare delle rinunce anche sul piano esistenziale. Quando si vivono dei periodi storici di incertezza, che impediscono di delineare una prospettiva futura – una pandemia, una guerra, ma succede anche con una crisi di governo – i consumi vanno a congelarsi, per poi ripartire. A monte, però, c’è da fare una considerazione».

– Ovvero?

«Verona è una città ricca, inserita nel Nordest del Paese, zona in cui le famiglie ad alto livello di difficoltà economica sono meno numerose che altrove. Ci aspettavamo dunque della preoccupazione per il futuro, ma siamo rimasti stupiti da quanto fosse alta: circa la metà del campione si è dichiarato preoccupato (39,4%) o fortemente preoccupato (8,6%); solo il 5,9% ha detto di affrontare il 2023 con ottimismo, quando nel 2018 gli ottimisti erano il 18,4% del campione, in un’analoga indagine».

– Misurare i consumi significa fotografare la situazione economica, ma pure la fiducia che hanno le persone nel mercato e nel futuro. È così?

«Sì, e in questo momento ce n’è pochissima. Anche nei confronti delle banche e degli istituti finanziari, per esempio. Agli intervistati abbiamo chiesto a chi si rivolgono per ottenere un sostegno economico quando le finanze scarseggiano. La risposta è stata: parenti e amici, per primi».

– Quali sono state le rinunce più pesanti dei veronesi?

«Quelle di stampo progettuale, che interessano il piano esistenziale. Come la rinuncia a comprare casa (il 26,2% del campione) o persino il concepimento di un figlio: il 17% aveva il desiderio di “allargare la famiglia”, ma non l’ha fatto».

– Invece i cambiamenti più in piccolo, ma significativi?

«Nell’ambito dei consumi alimentari, i veronesi sono tornati a stare attenti al prezzo e alle promozioni, scegliendo il punto vendita più conveniente, a discapito della fidelizzazione. Si fa più economia, riducendo magari i quantitativi, senza però tralasciare la qualità. In generale, è maggiore l’attenzione alla stagionalità e alla provenienza del prodotto, con predilezione per il km zero, e con un occhio alle certificazioni di qualità e agli imballaggi».

– E sul fronte del risparmio energetico?

«Le azioni più frequenti sono quelle relative alla gestione degli strumenti che consumano energia, come il ritardo nell’accensione del riscaldamento (89,1%), l’installazione di lampade a led (73,3%) o il distacco della spina degli elettrodomestici (60,6%). Scelte più strutturali, come l’installazione di impianti a energia solare, invece, sono state messe in campo da una quota di cittadini abbastanza contenuta (13%)».

– Una novità che ci porteremo dietro a lungo?

«L’e-commerce, che ha avuto un boom inaspettato col lockdown del 2020. È una delle strategie di risparmio diventata poi abitudine: andrà in parallelo col commercio tradizionale». 

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