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di NICOLA SALVAGNIN
Quanto si fa “sentire” il Terzo settore tra la pubblica opinione e la classe dirigente?
di NICOLA SALVAGNIN
Le famiglie, i negozi, le acciaierie, i trasportatori… Per carità: il caro-energia non sta risparmiando nessuno, in Italia come altrove. C’è da dare sostegno alle fasce più deboli o esposte a questa tempesta economica. E se appunto è questa la giusta logica da seguire, allora nessuno si dimentichi del Terzo settore.
Un esempio su tutti: le case di riposo. Se il costo del riscaldamento raddoppia, per queste strutture la situazione rischia di diventare drammatica: non si possono lasciare gli ospiti al freddo, né si possono aumentare le rette alla chetichella. Quindi entrate fisse, costi alle stelle.
Trasporto anziani e/o disabili: i pulmini vanno a gasolio, il costo del quale è aumentato a dismisura. Qualcuno comincia a non farcela più. Ma chi paga alla fine il costo di queste situazioni? E il riscaldamento e la luce funzionano pure per ospedali, centri diurni, asili nido e altre strutture di welfare che in questo momento rischiano di non farcela. I fornitori non accettano rubli o soldi del Monopoli per i pagamenti…
Non sono solo questi i problemi economici che il Terzo settore sta affrontando in questo rigido 2022. I Comuni e gli enti locali a loro volta non se la stanno passando bene, e quindi fanno orecchie da mercante alla richiesta di ulteriori sostegni: già tanto se rinnovano quelli vecchi. La sanità pubblica ha risucchiato molti operatori socio-sanitari e infermieri con l’emergenza Covid, lasciando sguarnite le corsie delle case di riposo; il volontariato fatica molto a trovare nuove leve, subentranti a chi – per una ragione o l’altra – non offre più la sua disponibilità.
C’è infine la questione della generosità pubblica, espressa anche attraverso lo strumento del 5 per mille. È un momento in cui è giustamente dirottata verso altre direzioni. Però pure questo rischia alla fine di sottrarre risorse preziose. E il problema ultimo è sempre lo stesso: quanto si fa “sentire” il Terzo settore tra la pubblica opinione e la classe dirigente? Perché non ce n’è uno che non apprezzi i servizi e la generosità di questo mondo. Salvo poi rimanere sempre in disparte quando c’è da ottenere finanziamenti. O dimenticarsi che pure i pulmini scolastici si muovono col gasolio e non con le buone intenzioni
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