Una festa per la Toscana leopoldina che abolì la pena di morte
Fu la prima in Europa. Forche e strumenti di tortura furono bruciati in piazza. Da vent’anni viene celebrata ogni 30 novembre la festa della Toscana
Da vent’anni viene celebrata ogni 30 novembre la festa della Toscana. Tra tanti possibili riferimenti a primati in diversi ambiti, il Consiglio regionale ha scelto una data che omaggia uno dei momenti più importanti della storia di quella terra. Era il 30 novembre 1786, infatti, quando fu promulgata una riforma penale che aboliva l’uso della tortura, della mutilazione delle membra e soprattutto della pena di morte: era il primo Stato al mondo a farlo! A volere questo radicale cambiamento fu il granduca Pietro Leopoldo di Lorena (1747-1792), che quattro anni dopo divenne imperatore del Sacro Romano Impero e re d’Ungheria e Boemia. I genitori Francesco I di Lorena e Maria Teresa d’Asburgo lo ebbero come nono dei sedici figli (la penultima fu Maria Antonietta, regina consorte di Francia) e inizialmente volevano avviarlo alla carriera ecclesiastica, alla quale però poi indirizzarono il minore Massimiliano Francesco. Infatti, nel 1737, morto Gian Gastone e interrotta la dinastia dei Medici, Francesco acquistò il Granducato cedendo la Lorena alla Francia. La non accettazione da parte dei toscani, anche a causa di alcuni scandali, lo spinse nel 1763 a qualificarlo non più come pertinenza imperiale, ma come secondogenitura, ovvero a porlo sotto il controllo della linea cadetta. Essendo morto di vaiolo il secondogenito Carlo Giuseppe d’Austria, fu Leopoldo a diventare granduca alla morte del padre (1765), trovando una situazione in cui comunque ci si era aperti a importanti riforme, soprattutto per quanto riguarda le tassazioni e i privilegi di nobiltà e clero. Attento alle nuove idee illuministe, in quella dichiarazione ricordò il vero senso di ogni pena: soddisfazione dell’offeso, correzione del reo, sicurezza dei cittadini, pubblico esempio. Legato a questo, evidenziò che il governo è tenuto ad avvalersi dei mezzi più efficaci, ma come troppe volte venisse decretata la pena di morte anche per delitti non gravi. La determinazione fu quella di abolirla, anche per “più convenire alla maggior dolcezza, e docilità di costumi del presente secolo, e specialmente nel popolo toscano”, specificando un punto fermo: “per sempre”. La riforma cosiddetta leopoldina ebbe molta eco nelle diverse corti europee e fu segnata da un segno tangibile e fortemente simbolico: tutte le forche e gli strumenti di tortura furono messi al rogo nelle piazze. Nei secoli questa dichiarazione fu ricordata più volte in varie forme d’arte e rimane ancor oggi uno dei motivi che rendono più orgogliosi i toscani. Annualmente questa festa è anche occasione per esprimere la volontà che abbiano termine le diverse barbarie che ancora non si sono placate nel mondo e ribadire il diritto di ogni uomo a non essere condannato a morte da altri uomini. Di sapore toscano anche la diatriba sollevata dalla città di Lucca, che fino al 2009 non ha accettato la festa in questa data dichiarandosi non erede del Granducato perché storicamente fuori dai suoi confini, come un’altra cinquantina di Comuni della regione.
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