Anche il tango ha le sue 24 ore dopo una storia molto travagliata
Qualche anno fa, due fratelli sulla sessantina mi raccontavano che, quando erano bambini, il momento culminante della Messa domenicale era l’elenco che il parroco faceva della gente che la sera prima era andata a ballare. Un grande scandalo, con i giovani che provavano a cambiare luogo per il ballo...
Qualche anno fa, due fratelli sulla sessantina mi raccontavano che, quando erano bambini, il momento culminante della Messa domenicale era l’elenco che il parroco faceva della gente che la sera prima era andata a ballare. Un grande scandalo, con i giovani che provavano a cambiare luogo per il ballo, ma il parroco che sempre li “beccava” grazie ai suoi collaboratori-segugi. Per loro bambini era un grande divertimento, fino al giorno in cui il parroco fece il nome anche della loro sorella. Allora il loro ritorno a casa e il pranzo domenicale non furono poi così divertenti.
Un’esperienza – per questi ragazzi – certamente indelebile. Una maniera – quella del parroco – che, a suo modo, manifesta una tensione sempre esistita rispetto al ballo in ogni tempo, cultura e tradizione religiosa. Tra i momenti di frizione più forti e più noti, quello che riguarda il tango.
Nato in Argentina alla fine del XIX secolo, è un ballo (con una sua specificità nella musica e nel testo) basato sull’improvvisazione. Nella sua formazione recupera molto di altre musiche e balli popolari, e nella fase iniziale è caratteristico dei gruppi più marginali della popolazione. La diffusione e il successo sono fortemente legati a Carlos Gardel (1890-1935) e Julio De Caro (1899-1980) accomunati anche per la loro data di nascita: 11 dicembre, che proprio per questo è stata scelta come Giornata mondiale del tango.
Questa musica arrivò in Europa a partire dal 1910, con tutta la sua carica di eleganza e passionalità. Ebbe subito fortuna nei grandi saloni delle capitali europee, prendendo il posto dei più tradizionali valzer e polka (già aspramente criticati dagli ambienti religiosi un secolo prima). In breve tempo, il vescovo di Parigi Léon-Adolphe Amette (1850-1920), che dal suo ingresso avvenuto nel 1908 si era distinto per l’opera di modernizzazione dei metodi pastorali in una diocesi fortemente tradizionalistica, lo vietò perché eccessivamente sensuale. A lui si unirono altri pastori e il tango ottenne pesanti condanne soprattutto nelle zone protestanti, storicamente più forti nell’opposizione alla danza.
La notizia giunse a Roma dove papa Pio X (il trevigiano Giuseppe Melchiorre Sarto, 1835-1914) volle capirne di più. La tradizione vuole che richiese di assistere a una esibizione privata da parte di una coppia di ballerini, al termine della quale disse: «Mi me pàr che sia più bèo el bàeo a ‘ea furlana; ma no vedo che gran pecài ghe sia in stò novo bàeo!» ovvero non così scandaloso ma nemmeno particolarmente bello: meglio quelli della terra di origine!
Da un Papa ad un altro, questa volta – appunto – argentino: l’attuale pontefice Francesco ha dichiarato di essere un grande appassionato di questa musica e ha indicato il tipico abbraccio della coppia di danzatori come un simbolo di pace. Il tango ha anche molti elementi della vocazione: non un passo solitario ma di comunione; non una rigidità prestabilita ma una libertà creativa; non una disarmonia ma una elegante bellezza.
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