Ne “Il grande match” il calcio c’entra poco
A contorno degli Europei di calcio, Il grande match vuole trasformare un appuntamento sportivo in un evento mediatico. A rimorchio infatti dell’interesse degli italiani per questo sport nazionale, Rai Uno e Rai Sport hanno messo in piedi questa trasmissione come un varietà che, prendendo spunto dal pallone, racconta tutta una serie di storie che poco o tanto hanno a che fare con il calcio.
A contorno degli Europei di calcio, Il grande match vuole trasformare un appuntamento sportivo in un evento mediatico.
A rimorchio infatti dell’interesse degli italiani per questo sport nazionale, Rai Uno e Rai Sport hanno messo in piedi questa trasmissione come un varietà che, prendendo spunto dal pallone, racconta tutta una serie di storie che poco o tanto hanno a che fare con il calcio. L’epica e la retorica sportiva, con il loro linguaggio comprensibile solo ai tifosi di stretta osservanza, si aprono così anche a chi si appassiona di sport solo quando gioca la nazionale. Emblematica è in queste occasioni l’espressione di partecipazione al risultato ottenuto: in caso di sconfitta sono i giocatori ad aver perso, in caso di vittoria siamo tutti noi ad aver vinto.
Flavio Insinna, grande istrione, mostra il calcio come una festa nazional-popolare, come se presentasse i sogni che portano con sé i concorrenti di Affari tuoi. Parla di pallone senza mai mettere in campo gli schemi e le tattiche, dando così risalto soprattutto al risvolto umano di ciò che si va raccontando, non disdegnando neppure qualche pezzo musicale. Lo studio televisivo, chiarissimo rimaneggiamento di quello di Domenica in e in cui si è addirittura recuperata la scrivania de I soliti ignoti, identità nascoste, è riempito di personaggi misti, lasciando ampiamente che il commento tecnico sia sostituito da quello di costume. Ed è per questo che occorre inventarsi una polemica di maniera, un incidente di percorso, una curiosità pur di attirare chi percepisce il gioco della nazionale come uno sceneggiato che ogni volta svela una storia nuova. Se i diretti protagonisti sono per volere del loro mister rinchiusi nel loro ritiro e non concedono nulla alle telecamere, di rimbalzo al centro del campo si pone perciò questo parterre di commentatori che rimpiazzano il posto lasciato inesorabilmente vuoto. Per i puristi del pallone questo programma è una vera e propria eresia, uno scimmiottamento di un’icona che non si dovrebbe nemmeno toccare. Per questo genere di spettatori è meglio di gran lunga scegliere altri canali più professionali.
Con Insinna, invece, l’aria è volutamente casareccia, partigiana e solo così riesce a raggiungere la media del 15% di share. Questo dato rispecchia la voglia di festa e condivisione per cui molti preferiscono vedere la partita insieme come rito collettivo, piuttosto che comodamente seduti, ma soli, sul divano di casa. Il grande match si trasforma così in un gande show dell’Italia calcistica e non solo.