I coniugi Gates e quel gabinetto che salva le vite
È il 9 gennaio 1997 quando sul New York Times esce un articolo destinato a rivoluzionare la vita di centinaia di migliaia di persone. A scriverlo è il giornalista americano Nicholas Kristof...
È il 9 gennaio 1997 quando sul New York Times esce un articolo destinato a rivoluzionare la vita di centinaia di migliaia di persone. A scriverlo è il giornalista americano Nicholas Kristof. Il pezzo, che si intitola “Per il terzo mondo, l’acqua è ancora un drink mortale”, accende i riflettori su una delle grandi contraddizioni dei nostri tempi: nei Paesi in via di sviluppo si muore ancora per malattie banali, curabili e prevedibili come la diarrea.
Quel giorno il quotidiano capita tra le mani di Melinda Gates, moglie di Bill, fondatore di Microsoft. La lettura dell’articolo è un fulmine a ciel sereno per i coniugi. In quegli anni i due stanno mettendo su una fondazione per finanziare progetti di sviluppo con una parte dei ricavi di Microsoft. Il pezzo di Kristof li convince a interessarsi al problema dell’igiene pubblica. Scoprono che nel Terzo mondo la diarrea miete ogni anno 3 milioni di vittime, soprattutto tra i bambini.
Nei Paesi poveri i sistemi fognari sono un lusso che pochi possono permettersi. La popolazione vive in slum ad alta densità abitativa e fa i propri bisogni in latrine a fossa, che si riempiono in fretta, traboccano e contribuiscono alla proliferazione di virus e batteri. Gli impianti di depurazione non esistono o funzionano male. I liquami vengono quindi scaricati negli stessi corsi d’acqua utilizzati per lavarsi, bere o giocare. Così, tra un tuffo e una bevuta, le malattie infettive si diffondono a macchia d’olio.
Per metà della popolazione mondiale (più di 4 miliardi di persone) i gabinetti “occidentali” sono un miraggio. La fondazione dei Gates prende a cuore la questione e si mette alla ricerca di una nuova soluzione al problema. La costruzione di reti fognarie moderne è fuori portata perché troppo costosa. Bill e Melinda contattano quindi le migliori università al mondo e organizzano una competizione tra aziende. Mettono in palio un premio da diversi milioni di dollari per l’impresa che realizzerà il miglior bagno autosufficiente: oltre a neutralizzare i patogeni presenti nelle feci, deve essere in grado di funzionare senza acqua corrente o elettricità. Le proposte fioccano ma la realizzazione dei prototipi richiede tempo e soldi. Dopo anni di tentativi, la svolta arriva nel novembre 2018. Alla fiera del Bagno in Cina la Lixil, una delle realtà leader nel settore, decide di finanziare la realizzazione di uno dei bagni nati dal progetto della fondazione. Nel frattempo i Gates lavorano sulla costruzione di un depuratore di ultima generazione. Coinvolgono l’azienda aerospaziale americana Janicki Industries che in 18 mesi mette a punto un impianto all’avanguardia, in grado di autoalimentarsi.
Sfrutta un’idea semplice ma rivoluzionaria: il depuratore fa bollire le feci fino ad ottenere vapore, che viene poi trasformato in energia per l’impianto e in acqua potabile per la popolazione. L’Ominprocessor - questo il nome del macchinario - viene installato a Dakar, in Senegal: oggi depura un terzo dei rifiuti organici della città, produce acqua pulita e contribuisce a ridurre la diffusione di malattie infettive.
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