Tutto è politica: nel lugubre Iran come a Sanremo
È pur vero che la politica non è tutto, ma è altrettanto vero che tutto è politica. Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale, ossia capace di unirsi in gruppo, di costituire una società, ovvero un insieme organizzato di individui...
È pur vero che la politica non è tutto, ma è altrettanto vero che tutto è politica. Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale, ossia capace di unirsi in gruppo, di costituire una società, ovvero un insieme organizzato di individui. Affermazione che andava a definire il compito della politica, ossia, sono parole sue, la “ricerca del benessere materiale, la fioritura morale e l’eudemonia dei cittadini”. Probabilmente, e detto senza offesa, per molti di voi sarà la prima volta che sentite il termine eudemonia (con l’accento sulla i), cari lettori. In realtà l’espressione sta ad indicare un obiettivo importante, ossia la ricerca della felicità come scopo fondamentale della vita.
Ecco perché, alla luce di queste premesse, ci viene suggerito che tutto è politica, quella che si gioca nelle aule parlamentari, negli scenari internazionali, ma prima ancora nelle piazze, nelle scelte culturali, nell’arte, nella scuola, nell’educazione religiosa…
Pensando a tutto questo, mi viene spontaneo andare a due scenari. Il primo ci porta in Iran, in quella terra bellissima, culla di civiltà, che ha visto nei mesi scorsi andare in scena la crudeltà. Ragazze mandate a morte per una ciocca di capelli scomposta, giovani incarcerati e torturati per aver chiesto il rispetto dei diritti umani. Una notte della ragione, dove le impiccagioni sono diventate l’arma della dissuasione, tanto crudele quanto inefficace. L’11 febbraio, da quelle parti si celebra la festa nazionale, per ricordare la rivoluzione islamica portata da Khomeini 44 anni fa, di ritorno dall’esilio parigino. Allora c’era chi invitava a guardare la luna, per scoprirvi i tratti di quel figuro dalla barba lunga, che perfino il cielo sembrava indicare come l’uomo mandato da Allah. Un delirio che dovette misurarsi ben presto con la tirannia di una nuova classe dirigente, spietata quanto lontana dagli scopi dell’eudemonia. Ora, a interrompere il peana vittorioso della politica di palazzo, che ha cercato di soffocare nel sangue il bisogno di libertà, ecco fiorire la politica dei piccoli gesti, perché tutto è politica. All’agente che, sul tram, invita la ragazza a indossare il velo, ecco la determinazione della stessa: «Si tolga dai piedi o tolgo anche i pantaloni». Ai buttafuori che vigilano le mense universitarie per evitare che maschi e femmine mangino insieme, questi si prendono il piatto e vanno a consumare in giardino. A chi fa divieto di fare proclami in pubblico, si risponde nascosti dietro qualche finestra, gridando slogan anti-regime. Tutto è politica.
Da uno scenario triste, ad uno stupido. Sanremo. Il festival ovviamente. Ma senza scordare che anche qui la politica ha fatto la sua irruzione. Penso a Benigni, pronto a indottrinare gli italiani sulla bontà della Costituzione. A Fedez, che compensa la flebilità della voce con la caustica animosità politica; ad una stella dello sport che distribuisce patenti di razzismo agli italiani; a un giovane cantante che sfascia il palco, in nome del vietato vietare. Ad un volgare provocatore che fa della fluidità sessuale di genere l’ultima frontiera della felicità. Anche questo è politica, tanto più forte quanto più afona è la voce di chi dovrebbe farsi carico di indicare la strada della convivenza civile, per cercare la felicità dei suoi individui.
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