Si fa presto a dire di non aver paura
Chi ha il compito di gestire il fenomeno non fa che invitare alla calma. Niente panico. Ed è giusto che sia così, perché nulla è più irrazionale e incontrollabile della paura. Sono inviti che ci arrivano da vari pulpiti. C’è quello della politica che deve far passare l’idea che tutto è sotto controllo. Quello della sanità pubblica, che ci informa sull’eccellenza delle nostre strutture, sulla loro capacità ricettiva e curativa...
Chi ha il compito di gestire il fenomeno non fa che invitare alla calma. Niente panico. Ed è giusto che sia così, perché nulla è più irrazionale e incontrollabile della paura. Sono inviti che ci arrivano da vari pulpiti. C’è quello della politica che deve far passare l’idea che tutto è sotto controllo. Quello della sanità pubblica, che ci informa sull’eccellenza delle nostre strutture, sulla loro capacità ricettiva e curativa.
Ci esortano a non essere troppo in ansia, perché la percentuale di mortalità degli infettati non è poi così alta. Della serie: potresti morire tu ma i tuoi vicini si salvano. C’è quello della virologa di turno che ci ricorda come l’influenza ne uccida più del coronavirus. Ed è probabilmente vero. Solo che anche lei finge di crederci, sapendo benissimo che l’influenza fa il suo decorso, raccogliendo per strada il bottino, diretta verso il fine corsa, mentre neppure lei sa quali scenari si aprirebbero in caso di una pandemia a livello planetario, senza vaccini e strutture sanitarie adeguate. Niente panico ma sangue freddo dunque, dentro paesi blindati dall’esercito perché nessuno entri e nessuno esca. Tranquilli, è l’invito fatto ai cittadini, mentre si chiudono scuole, si annullano partite, incontri sportivi, raduni di ogni tipo. Tranquilli, è l’invito delle Diocesi venete e lombarde annunciando la sospensione delle celebrazioni pubbliche di sante Messe, Mercoledì delle Ceneri, Messe domenicali, sacramenti (battesimi, prime comunioni e cresime), Vie Crucis... e invitando a fare il precetto festivo attraverso qualche momento di preghiera personale, restando a casa propria. Aboliti incontri di catechismo con chiusura di patronati e oratori. Neppure per i morti si fa eccezione. Una benedizione senza Messa e via. Finita l’emergenza si tornerà a parlarne.
Niente paura dunque, mentre in giro ne circola a dosi industriali, senza che nessuno riesca a contenerla. Ci vorrebbe quel papà siriano che ha insegnato alla sua bimba che le bombe sono solo un gioco per il quale sorridere e divertirsi. Ma di quella scena, che ci ha commosso, mancano purtroppo gli ingredienti base: l’amore e l’innocenza.
Non ho ricordo nella vita di avere mai avuto la percezione di una simile paura da parte della gente. Domenica scorsa ad un appuntamento con 80 persone prenotate, se ne sono presentate 50. Ritirate per paura. Mi segnalano di annullamenti di viaggi già programmati da tempo. Ad Ischia si voleva negare l’accesso a veneti e lombardi. Gli scaffali dei supermercati sono presi d’assalto per fare approvvigionamenti in caso di isolamento per quarantena. Avevamo temuto anche ai tempi di Ebola e della Sars, ma non ne eravamo stati così travolti. Dalla nostra c’era l’impressione di vivere in ambiti geografici protetti e sotto l’ombrello di una sanità rassicurante.
Probabilmente per la prima volta avvertiamo che nessuno di noi oggi è al sicuro. Non ci protegge la terra in cui viviamo e neppure la scienza ci dà certezze. Non sarà un caso se la gente torna a evocare la peste del Manzoni o la terribile pandemia di Spagnola. Abbiamo buone ragioni per credere che la storia non si ripeterà in quelle dimensioni, ma il senso di impotenza sta crescendo silenzioso come un fermento inquietante. «E se tornassimo a invocare Dio come faceva la pietà popolare di un tempo?» si chiede la gente.
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