Le speranze dei Balcani e la miopia dell’Europa
Berat in Albania è una piccola città dove durante l’ultima guerra esisteva un ospedale da campo che accoglieva i feriti italiani che combattevano al fronte. Oggi è una tranquilla e graziosa località di religione quasi totalmente musulmana...
Berat in Albania è una piccola città dove durante l’ultima guerra esisteva un ospedale da campo che accoglieva i feriti italiani che combattevano al fronte. Oggi è una tranquilla e graziosa località di religione quasi totalmente musulmana. Unica eccezione una piccola e meravigliosa comunità cattolica che trae ispirazione da don Dossetti, padre costituzionalista prima e poi divenuto monaco attento a Dio senza dimenticare mai la città dell’uomo. Ci stupisce il carisma che praticano questi giovani consacrati, uomini e donne. La loro missione è un’omelia senza parole e consiste nel prendersi in affido una persona con gravi handicap facendone di fatto un vero e propio figlio con il quale spartire tutta la vita, 24 ore su 24. Ci raccontano che non fu facile mostrarsi in pubblico con questi fratelli feriti dalla vita. La gente del luogo si vergogna a mostrare i propri cari in condizioni analoghe, segregandoli di fatto dentro le mura di casa come dei sepolti vivi. Poi però, piano piano, sono stati proprio i giovani del posto i primi a spalancare gli occhi e probabilmente anche il cuore, percependo la portata rivoluzionaria di una religione, quella cristiana, e di una cultura che da essa discende, che mette al centro il valore delle persone e i loro diritti, a partire dalle più svantaggiate. E allora ecco il compiersi del miracolo. Questi stessi giovani che cominciano a chiedere di diventare cristiani, attraverso un percorso non sempre facile, considerate le relazioni parentali, ma che rievoca le fatiche e l’entusiasmo dei primi tempi della Chiesa.
Fin qui tutto bene, ci dicono questi straordinari monaci dossettiani. L’unica amarezza viene dal vedere il proselitismo della Turchia e del suo satrapo Erdogan, intento a portare avanti una colonizzazione culturale dei Balcani, tra l’assoluta indifferenza dell’Europa. Eppure sarebbe soltanto l’Europa capace di creare un cambio di passo, introducendo una nuova sensibilità e nuova stabilità a questa terra che, stando al famoso detto di Churchill, produce più guerre di quante non riesca a metabolizzarne.
Pensavo a questi scenari che avrebbero bisogno della civiltà cristiana, oltre che di commerci che facciano da ponte con questi Paesi, quando nei giorni scorsi, passato di fatto sotto un generale silenzio e una pelosa indifferenza, la Francia ha posto il veto all’apertura di negoziati finalizzati a una futura adesione della Macedonia del Nord e dell’Albania alla Comunità europea. Un veto che rischia di far ripiombare questi piccoli Stati, nati dalla disgregazione della ex Jugoslavia, nelle logiche dei nazionalismi, radicalismi, populismi, provocazioni, se non anche nel fondamentalismo islamico di cui si ha già notizia di qualche nucleo locale.
Davanti a questa amarezza viene logico chiedersi cosa stia dietro a questi veti. Perché chiudere la porta a chi non chiede di entrare, ma soltanto di iniziare un dialogo, non può essere giustificato se non da motivi gravissimi. E invece scopri che il tutto trova la sua logica in ingordigie di potere che hanno soltanto strategie per interessi di bottega. Perché parlare di allargare l’Europa vuol dire cedere voti alla Destra di Marine Le Pen, sovranista del più duro nazionalismo, e all’estrema Sinistra, più attenta alla propria fetta di torta che a condividere la mensa. E allora se aprire un dialogo vuol dire perdere potere tanto vale lasciare al loro destino i figli più fragili. Non importa che i Balcani siano un’isola dentro l’Europa, come ha ricordato il presidente della Macedonia del Nord. La Francia ha i suoi interessi, ma non chiamiamoli grandeur.
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