Ancora attuale il “liberi e forti”
Cento anni fa, era il 18 gennaio 1919, dopo mezzo secolo nel quale i cattolici italiani rispetto alla vita politica non potevano essere “né eletti, né elettori”, prendeva forma una nuova fase inaugurata con il famoso appello di don Luigi Sturzo ai “liberi e forti”. Nasceva il Partito Popolare che, poi, sarebbe diventato Democrazia cristiana.
Cento anni fa, era il 18 gennaio 1919, dopo mezzo secolo nel quale i cattolici italiani rispetto alla vita politica non potevano essere “né eletti, né elettori”, prendeva forma una nuova fase inaugurata con il famoso appello di don Luigi Sturzo ai “liberi e forti”. Nasceva il Partito Popolare che, poi, sarebbe diventato Democrazia cristiana.
I partiti che si richiamano a questa matrice si sono dati appuntamento presso la Camera dei deputati per ricordare insieme l’evento e per porre ancora una volta la questione della necessità di ricompattarsi in un diverso impegno politico, alternativa alla deriva populista e sovranista e ispirato ai valori cattolici democratici e cristiano sociali.
Rileggendo quella chiamata a mettere le basi per un tempo di pace e stabilità, constatiamo che anche oggi ci troviamo in un’altra “grave ora”, dove le forze civili mature si devono ripresentare alla vita politica con quella “bandiera morale e sociale ispirata ai saldi principi del cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia”. Quell’appello si presterebbe anche oggi a numerose attualizzazioni sui temi della libertà e del potere; ma, come sostiene il direttore di Aggiornamenti sociali Giacomo Costa, l’orizzonte principale in cui oggi sembra urgente collocare questo documento è quello europeo: “Volere l’Europa non può significare arrendersi a un’Europa qualunque e neanche accontentarsi di quella esistente, che in alcuni suoi aspetti è indifendibile. Un’Europa “libera e forte” dovrebbe essere capace di articolare autorevolmente unità e rispetto delle differenze, senza obbligare tutti a marciare con lo stesso passo, ma senza nemmeno concedere a nessuno diritti di veto più o meno mascherati. Questa Europa potrà allora chiedere ai singoli Paesi che la compongono di essere a loro volta “liberi e forti”, cioè di rinunciare a interpretare la sovranità di cui dispongono in modo autoreferenziale”.
Il confine è molto sottile, ma nettissimo, tra una politica popolare che rispetta il popolo e la sua autonomia originaria, e una politica populista che rende il popolo ostaggio di chi è al potere. Sarebbe un vero peccato che una ricchezza culturale così profonda e un’esperienza politica raffinata nel crogiolo della Dottrina sociale, perdesse la sua carica propositiva proprio nel momento in cui si avverte più urgente la necessità di costruire ponti e tessere relazioni. Anche oggi, ne siamo sicuri, ci sono ancora “liberi e forti” che sentono la necessità di cooperare per superare le barriere.
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