La storia delle pensioni una storia all’italiana
Nei giorni scorsi la Consulta della Corte Costituzionale ha dichiarato che deve ritenersi illegittima la norma della Legge Fornero 2011, quella che bloccava l’indicizzazione delle pensioni, ossia gli scatti di rivalutazione, che vengono elargiti come adeguamento al costo della vita...
Nei giorni scorsi la Consulta della Corte Costituzionale ha dichiarato che deve ritenersi illegittima la norma della Legge Fornero 2011, quella che bloccava l’indicizzazione delle pensioni, ossia gli scatti di rivalutazione, che vengono elargiti come adeguamento al costo della vita. Da qui l’obbligo per lo Stato di restituire immediatamente i soldi che aveva trattenuto ingiustamente in questi anni. Euro più, euro meno, circa sedici miliardi in totale. Qualcuno parla di venti. Se non una nuova finanziaria, poco meno. Ad essere maliziosi, verrebbe da dire che ancora una volta la Magistratura ha colpito, non senza qualche intenzionalità politica. Se oggi Renzi e Padoan girano l’Italia e l’Europa usando toni smorzati e felpati, è probabilmente per attutire la botta, visto che siamo nel bel mezzo della campagna per le regionali. Considerato il buco da colmare, senza che ci siano i mezzi per riempirlo, e vista la pressione dei sindacati che spingono perché il governo paghi, la cosa potrebbe rivelarsi devastante e capace di affossare i proclami trionfalistici del Presidente del Consiglio e le tante belle intenzioni che oggi vengono usate come spot pubblicitario. Insomma, per il governo una spallata venuta dal potere giudiziario, secondo un copione sul quale gli italiani sono ormai in sospetto da tempo. E si sa che una parte dei nemici di Renzi sono proprio a Sinistra, quella Sinistra che per ragioni anagrafiche, correntizie e ideologiche rischia di essere messa ai margini dalla nuova generazione al governo. E allora cosa di meglio di un aiutino da parte di chi può e chi sa, giusto per ridimensionare le velleità del rampante rampollo fiorentino? Che il governo si trovi tra Scilla e Cariddi, ossia tra due sponde una più minacciosa dell’altra, per dirla con Omero, è un dato di fatto. Da una parte l’Europa, coi fucili puntati, pronta a colpire se i bilanci dovessero sforare di un solo centesimo, dall’altra l’urgenza di reperire i fondi da restituire, con il rischio di mandare a gambe all’aria una pesantissima situazione finanziaria, insieme ai sogni di Renzi ed anche la sua sempre più sfilacciata credibilità.
Dicevo sopra che con un po’ di malizia non è difficile pensare che la decisione della Consulta, improvvisa e perentoria, abbia qualche suggeritore occulto. A pensar male è peccato ma... Nella sostanza, va detto che la Corte Costituzionale ha tutto il diritto di esprimersi sulle leggi. Il suo compito principale è proprio quello, ossia di osservare che le leggi che vengono promulgate non siano in contrasto con i principi della Costituzione. Ma… Ma c’è un ma. Da sempre la Corte si pronuncia in tempi più brevi, senza aspettare anni e soprattutto, da sempre è prassi che i suoi pronunciamenti tengano conto degli equilibri di bilancio, attraverso scelte che mettano sì rimedio alle norme illegittime, ma senza che questo produca danni alla gestione finanziaria dello Stato. In sostanza, perché la Corte non ha fatto un pronunciamento concedendo margini di tempo per trovare la soluzione? È proprio dal metodo usato, con il rischio di creare danni notevolissimi al Paese (si pensi a possibili nuove tassazioni o tagli nell’ambito della scuola, sanità, sicurezza…) che fiorisce il sospetto di una manovra con finalità anche politiche oltre che di legittimità. Spetterà ora al governo sistemare questa ennesima tegola che gli è caduta in testa e di conseguenza sulla testa degli italiani. Con una tassazione una tantum? Con un prelievo forzoso da non so che cosa? Nubi fosche si addensano. Ovviamente in nome della Repubblica Italiana e della sua Costituzione.