La fisarmonica del servizio unico rimedio cristiano per raddrizzare il mondo
La scorsa settimana mi arrivano due mail. Una viene da Città del Capo (Sudafrica), l’altra da New York. Sono alpini emigrati da una vita in quelle terre, i quali mi esprimono emozione ed orgoglio per quello che hanno visto sulla Cnn. Si tratta di un servizio, che ha fatto il giro del mondo e che, come dicono i giovani, è diventato virale. Una storia che si presta a farci riflettere sul mistero del Natale.
La scorsa settimana mi arrivano due mail. Una viene da Città del Capo (Sudafrica), l’altra da New York. Sono alpini emigrati da una vita in quelle terre, i quali mi esprimono emozione ed orgoglio per quello che hanno visto sulla Cnn. Si tratta di un servizio, che ha fatto il giro del mondo e che, come dicono i giovani, è diventato virale. Una storia che si presta a farci riflettere sul mistero del Natale.
Stefano Bozzini è un alpino di Piacenza di 81 anni. Con la moglie Carla, l’amore della sua vita, ha spartito gli anni più belli e fecondi della sua esistenza. Sempre e tutto insieme, famiglia, lavoro, interessi, hobby. Compreso quello di dedicarsi al prossimo più fragile. Lui sa suonare la fisarmonica. Anche a Carla piace e così, negli spazi liberi delle loro giornate, si dedicano a chi vive nelle case di riposo, per rendersi disponibili e portare un po’ di gioia attraverso la musica. Tutto bene fino al giorno in cui a Carla diagnosticano un male incurabile, che se l’è portata via qualche settimana fa.
Ma prima della morte per lei c’è il ricovero in ospedale. Stefano non può andarla a trovare a causa del Covid-19, ma l’amore, si sa, non pone limiti alla fantasia. Calato il cappello d’alpino sulla testa, imbracciata la fisarmonica, si siede su uno sgabello sotto la finestra dove è ricoverato il suo amore e lì, come un menestrello d’altri tempi, racconta al cuore di Carla, davanti al mondo, parole piene di suoni, lacrime, poesia e tenerezza.
Sento l’eco di questa storia e mi interrogo sul Natale. Storia di un Dio, che ha preso la fisarmonica dell’amore per venirla a suonare accanto alle ferite delle sue creature. Per togliere un po’ di disperazione dai cuori e rimpiazzarla con la gioia. Come già fu per Giovanni il Battista, che esultò nel grembo della madre, sentendo la vicinanza del cugino Gesù, la presenza di Dio nella vita di un cristiano è sempre sorgente di serenità e di letizia interiore. Sentiamo spesso, anche parlando di religiosi o religiose, riferimenti al carattere legnoso di alcuni. È un po’ scorbutico, è malmostoso… eh, però è il suo carattere. Sarà anche vero, ma la prima verità da riconoscere è che troppe volte la Grazia fa tanta fatica a farsi largo nelle pieghe dell’uomo vecchio, che sopravvive dentro una persona, impedendo di mostrare al mondo il volto della speranza. Speranza di cui si fa un gran parlare di questi tempi, insieme al bisogno di tornare a sorridere nonostante le tante croci, che la pandemia pianta in tanti ambiti della vita.
Ma la vicenda di Stefano Bozzini ci rimanda al Natale anche per una seconda sottolineatura, quella del servire, che non chiede nulla in cambio, se non pagare il prezzo dell’amore. In quella stalla di Betlemme, in cui duemila anni fa si è compiuto il più grande miracolo della storia degli uomini, Dio si è messo il grembiule senza condizioni, insegnando alle creature a fare altrettanto. Un ruolo non facile e che non sempre i cristiani hanno vissuto coerentemente. Va riconosciuto a papa Francesco il merito di ricordare ogni giorno alla Chiesa dove si fonda il suo mistero e il suo ministero: essere nel mondo a servizio della gioia e della riconciliazione tra gli uomini. Un tema che l’evangelista Giovanni sintetizza nel racconto della lavanda dei piedi, che prende il posto del racconto dell’Eucarestia.
Nella perdita di credibilità che la Chiesa conosce in questo momento storico, a causa delle miserie dei suoi figli, rimettere al centro il grembiule, diventa la nuova fisarmonica dell’amore, capace di togliere il velo di tristezza dal volto degli uomini. Buon Natale.
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