Il Fatto di Bruno Fasani
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Anche negli Stati Uniti impera la Magistratura

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito, togliendo ogni limitazione preesistente, che tutti gli Stati membri dovranno riconoscere e celebrare i matrimoni delle persone omosessuali. Sentenza apodittica, anche se passata con cinque voti favorevoli e quattro contrari, giusto per ricordare che il bene e il male oggi si decidono a maggioranza...

Parole chiave: Il Fatto di mons. Bruno Fasani (46)

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito, togliendo ogni limitazione preesistente, che tutti gli Stati membri dovranno riconoscere e celebrare i matrimoni delle persone omosessuali. Sentenza apodittica, anche se passata con cinque voti favorevoli e quattro contrari, giusto per ricordare che il bene e il male oggi si decidono a maggioranza e non secondo logiche di bene oggettivo o di valore. Colpisce poi la disinvoltura con cui si parla di matrimoni e non di unioni civili, civil partnership o altre espressioni usate di solito per definire queste situazioni. Niente di tutto questo. Proprio matrimonio, ossia mater munus, che tradotto significa il dono della maternità. Quanto ci sia di questo dono in tante coppie omosessuali, soprattutto maschili, resta un mistero, che al presente rimane senza risposta.
Comunque sia, se dagli Usa arriva il proclama, c’è da giurare che, come è successo per la Coca Cola e per tutto quanto accade di là dall’Oceano, tra poco ci troveremo a fare gli alunni zelanti e obbedienti di tanta scuola. Del resto Renzi lo aveva promesso: se fosse diventato segretario del Pd avrebbe dato risposta alle coppie gay che domandavano d’essere regolarizzate. Allora, sull’onda dell’entusiasmo, la cosa gli portò un pesante bottino. Considerato che attualmente i suoi indici di gradimento sono ai minimi storici, dare soluzione al problema potrebbe diventare una boccata di ossigeno da non trascurare. Parigi val bene una Messa, disse un certo Enrico, calvinista e re degli Ugonotti, quando alla fine del ‘500 decise di diventare cattolico pur di impadronirsi della città e del regno. Metafora che ci ricorda quanto sia facile accomodare la coscienza in nome del potere.
La prima cosa che colpisce della sentenza americana è comunque il fondamentalismo ideologico con cui si è voluta dirimere la questione. Se oggi si accusano di fondamentalismo i movimenti cattolici che difendono la famiglia, questa è la risposta speculare dall’altra parte. Nemmeno un dubbio sul fatto che una coppia gay sia comunque qualcosa di diverso da una coppia eterosessuale, che un bambino nato da una padre e una madre, secondo logiche di natura, sia qualcosa di diverso da un bambino venuto al mondo con espedienti e consegnato come un pacco regalo a chi i figli non può metterli al mondo. È chiaro che pur nel rispetto dei diritti di tutti non si può omologare tutto come se non esistessero più le diversità. In natura non è eliminando le differenze che andremo a costruire un mondo migliore. È pur vero che il mondo omosessuale deve avere delle risposte dalla società civile. E noi stessi, come cristiani, siamo chiamati a dialogare con questo mondo, evitando di procedere su piste parallele che non si incontrano mai e finiscono per creare solitudini sociali e culturali, dove il Vangelo rischia di non entrare più o di entrarci soltanto per fare delle crociate.
Ma proprio perché la complessità delle nuove culture esige di essere riletta in un orizzonte di dialogo, sarà inevitabile evitare i pericoli dei fondamentalismi. Da una parte quelli di un cristianesimo moralistico, pronto a vedere peccato e degrado ovunque, ma anche quello di una presunta modernità, divenuta incapace di cogliere i rischi di letture faziose e non rispettose dell’uomo, in nome di un individualismo crescente, che identifica la tutela dei desideri come una forma emancipata di democrazia.

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