Editoriale
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Un omicidio e i troppi veleni di quest’Italia

Sulla tragica morte di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei carabinieri ucciso a Roma nella notte del 26 luglio mentre era impegnato in una operazione di contrasto al traffico di stupefacenti, se ne sono sentite di tutti i colori...

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Sulla tragica morte di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei carabinieri ucciso a Roma nella notte del 26 luglio mentre era impegnato in una operazione di contrasto al traffico di stupefacenti, se ne sono sentite di tutti i colori. E così abbiamo ancora una volta la riprova di quale calderone sia diventata l’Italia e di quale venefica minestra vi stia ribollendo. Ci sono tanti aspetti ancora oscuri di questa vicenda che dovranno essere chiariti per arrivare a fare giustizia. Non severa o esemplare come chiesto immediatamente da chi trova in questa tragedia il vento favorevole per gonfiare le vele del consenso politico; nemmeno una scappatoia come paventato dagli scettici che, trattandosi gli accusati di cittadini Usa, prevedono pressioni internazionali capaci di influenzare l’iter processuale. Ma semplicemente giusta e non mediatica. In tanti si domandano per esempio come mai qualcuno abbia bendato uno degli accusati mentre era in stato di arresto in caserma e perché il soggetto sia stato fotografato e poi postato sui social. Dopo il caso Cucchi, questi fatti destano inquietudine e rivelano quantomeno che il clima generale in cui operano le forze dell’ordine è scosso. E lascia basiti anche il fatto che un agente riceva ben undici pugnalate senza riuscire minimamente a difendersi e senza copertura da parte dei colleghi. Come funzionano le regole d’ingaggio in questi casi? Lo sapremo quando saranno appurati i fatti e chiarite tutte le dinamiche che coinvolgono anche le altre persone.
Nel frattempo assistiamo alla campagna mediatica. I funerali di Stato con la diretta Rai e la partecipazione di tutti i rappresentanti delle istituzioni affermano la volontà di contrastare la malavita: nelle intenzioni è un segnale politico alla Nazione. Per alcuni però un carabiniere che muore durante lo svolgimento del suo servizio è da considerarsi una vittima del lavoro; perché allora non si fanno i funerali di Stato per chi cade dall’impalcatura in un cantiere o viene schiacciato dal trattore in campagna? Intanto il calderone bolle e schizzano fuori le peggiori cattiverie.
Alla fine cosa resta? Una giovane sposa privata del suo amore dopo averne sentito soltanto il profumo; una famiglia e una comunità che, dopo l’eccesso mediatico, scivoleranno nel dimenticatoio; un’Arma dei Carabinieri che fa fatica ad uscire dai pantani interni e un’Italia abbruttita, sbandata, decisamente incattivita. Mala tempora!

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