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Tre “virtù” per la Chiesa

«La sinodalità è entrata nel modo di agire della Chiesa»: così ha affermato la settimana scorsa papa Francesco nell’udienza con i moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. Una constatazione importante, che segna un punto importante anche rispetto a tante critiche che lo volevano un processo irrealizzato e irrealizzabile...

Parole chiave: Sinodalità (1), Editoriale (397), Luca Passarini (89), Chiesa (185)
Tre “virtù” per la Chiesa

«La sinodalità è entrata nel modo di agire della Chiesa»: così ha affermato la settimana scorsa papa Francesco nell’udienza con i moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. Una constatazione importante, che segna un punto importante anche rispetto a tante critiche che lo volevano un processo irrealizzato e irrealizzabile.
Perché sia pure un punto di non ritorno ovvero reale, duraturo e diventi davvero un «modo di agire permanente nella Chiesa, a tutti i livelli», occorre secondo Francesco adoperarci insieme per una conversione spirituale, che porta a tre atteggiamenti, che definisce una sorta di virtù sinodali.
Primo: superare ogni chiusura, stando attenti a una tentazione presente in ogni momento della Chiesa, ovvero «essere convinti che quello che facciamo noi vada bene per tutti; difendere, magari senza rendersene conto, posizioni, prerogative o prestigio “del gruppo”»; sinodalità è, invece, riconoscere la diversità – per esempio nel gruppo di appartenenza, nel modo di pregare, nelle modalità pastorali, in nuove missioni – come un’opportunità e un segno della presenza di Dio.
Secondo: l’umiltà. Il Papa mette in guardia, a tal proposito, dalla superbia rispetto ai “ruoli” nella Chiesa (non tanto e non solo i ministeri “ufficiali”), dove a volte il proprio impegno è indirizzato al far valere il proprio peso nel rapporto con gli altri, mentre chi è umile non cerca riconoscimenti, valorizza gli altri, ne accoglie il contributo, difende la comunione nella Chiesa.
Terzo: pensare secondo Dio, che vuol dire per Francesco avere il coraggio di staccarci dalla mentalità dominante, dalle idee personali o del proprio gruppo, dalla pretesa di essere già “sintonizzati” con Dio, per lasciare la guida in mano allo Spirito Santo, l’unico che ci può permettere di ascoltare la voce di Dio e abitare la domanda fondamentale: «Cosa vuole Dio da me, cosa vuole Dio da noi, in questo momento, in questa situazione?».
Tre virtù per la Chiesa, ma che vanno bene pure per ogni realtà umana: di certo lo sono il superare ogni chiusura e l’umiltà; per quanto riguarda il terzo... già “pensare” sarebbe abbastanza!

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