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Se i genitori arrivano a rifiutare i figli

Il dramma di nascere nella famiglia sbagliata. Ovvero quando un figlio non è amato, capito e fatto crescere in modo adeguato a diventare adulto e autonomo nelle proprie decisioni. Una forma di rifiuto che influisce sulla psicologia del bambino, con riflessi che tendono a divenire evidenti anche nel comportamento e possono portare, soprattutto durante la delicatissima fase dell’adolescenza, a forme di devianza, a fuggire di casa, a mettere in atto gesti di autolesionismo fino alle conseguenze estreme.

Parole chiave: Editoriale (407), Alberto Margoni (64), Genitori (17), Figli (11)

Il dramma di nascere nella famiglia sbagliata. Ovvero quando un figlio non è amato, capito e fatto crescere in modo adeguato a diventare adulto e autonomo nelle proprie decisioni. Una forma di rifiuto che influisce sulla psicologia del bambino, con riflessi che tendono a divenire evidenti anche nel comportamento e possono portare, soprattutto durante la delicatissima fase dell’adolescenza, a forme di devianza, a fuggire di casa, a mettere in atto gesti di autolesionismo fino alle conseguenze estreme.
Ma cosa succede quando la non accoglienza e il rifiuto arrivano a diventare violenza, vendetta e persino tentativo di eliminare fisicamente la persona, in nome di una logica perversa e criminale che non trova riscontro nemmeno nel mondo degli animali? Purtroppo quando la bestia è l’uomo non c’è da meravigliarsi di nulla. La notizia arrivata sui desk delle redazioni nella mattinata di lunedì è stata subito classificata come “questione d’onore”, ma forse andrebbe meglio alla voce “disumanità”.
Siamo in Sicilia, per la precisione a Bagheria, dove le forze dell’ordine hanno arrestato 16 presunti appartenenti alla cosca locale con le accuse di associazione mafiosa ed estorsioni. Tra questi figura il boss Pino Scaduto il quale era uscito di galera nell’aprile scorso dopo alcuni anni passati in gattabuia. Egli imputò il proprio precedente arresto al legame sentimentale che sua figlia aveva instaurato con un carabiniere in servizio a Bagheria e mentre era detenuto, tra il 2009 e il 2010, comunicando con i parenti, spesso menzionava un “regalo” da fare alla donna: “Glielo faccio ancora molto più bello questo regalo... Tempo a tempo che tutto arriva”. Ma fortunatamente quello che avrebbe dovuto essere l’esecutore del delitto, ovvero Paolo, il figlio del boss nonché fratello della vittima designata, si rifiutò, giustificandosi così: «Consumati tu [...], io ho trent’anni... non mi consumo» (dove consumari in siciliano significa distruggere, ridurre al nulla). Non contento, Pino si rivolse a un altro, che pure si tirò indietro.
Non conosciamo la reazione della figlia dinanzi al tentativo di suo padre di farla fuori. Di certo la sua scelta di stare dalla parte giusta, sottraendosi a una logica così perversa e atroce quale quella mafiosa, tanto più se incarnata dal proprio stesso padre, non deve essere stata un’operazione facile. Speriamo che questa donna possa aver trovato adeguata protezione e intrapreso un nuovo percorso di vita.

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