Editoriale
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Parlare a nuora perché suocera...

Non serve essere esperti di politica internazionale per sentire lo stridore delle parole pronunciate da Mike Pompeo, segretario di Stato americano, circa gli accordi tra Vaticano e Cina che verranno rinnovati il prossimo mese. Si tratta di accordi diplomatici in alcune parti resi pubblici e in altre mantenuti riservati tra Stati sovrani...

Parole chiave: Editoriale (407), Stefano Origano (141), Vaticano (7), Cina (11)

Non serve essere esperti di politica internazionale per sentire lo stridore delle parole pronunciate da Mike Pompeo, segretario di Stato americano, circa gli accordi tra Vaticano e Cina che verranno rinnovati il prossimo mese. Si tratta di accordi diplomatici in alcune parti resi pubblici e in altre mantenuti riservati tra Stati sovrani. Molto meno diplomatiche e per nulla riservate sono le parole di Pompeo, che vorrebbe insegnare al Papa cosa deve fare e quello che deve dire nel complesso panorama geopolitico odierno per sostenere la Chiesa in Cina.
Tra pochi giorni l’alto rappresentate degli Stati Uniti sarà a Roma e avrà un incontro con la Santa Sede, perché non ha riservato a quell’occasione la comunicazione delle sue riserve sull’accordo del Vaticano con la Cina? E invece no. Prima ha “sparato” la bordata, forse con l’intento di preparare il terreno. E l’ha fatto usando un’arma tra le più potenti in circolazione, ovvero un tweet. In questo modo il Vaticano “metterebbe a rischio la sua autorità morale”, dice lui, ma per fortuna che ci sono loro a garantire pace, stabilità, benessere per tutti, aggiungiamo noi.
Non scherziamo! Il silenzio del Vaticano di fronte alla grossolana provocazione è più eloquente di ogni risposta: certi “affari” si trattano con la diplomazia e ci scommetterei che quella vaticana ha già mosso i propri interlocutori per richiamare la più grande nazione del mondo a rivedere le sue metodiche comunicative quando tira in ballo la Santa Sede. Ovviamente sullo sfondo ci sono gli interessi politici ed economici che mettono in conflitto Cina e Usa, ma l’obiettivo del Vaticano è di tipo ecclesiastico e intende tenere aperto un dialogo, non facile, allo scopo di tutelare la libertà religiosa della comunità cattolica in Cina.
Se a noi l’intervento di Pompeo appare scomposto nella forma come nei contenuti, diverso è il modo di sentire negli ambienti americani e forse è a questi che Pompeo si rivolge giunto alla conclusione di un mandato politico e nel culmine della campagna elettorale. Ergersi a difesa dei cattolici cinesi, ma avendo a cuore il voto di quelli statunitensi, sposta di molto l’asse delle questioni, e qualcuno con la dovuta diplomazia glielo spiegherà quando verrà a Roma.

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