«Italia: più ritmo». Basta che sia nella giusta direzione
«Più ritmo per l’Italia» auspicò il premier Renzi nella tradizionale conferenza stampa di fine anno. Visto quanto accaduto nei giorni seguenti, verrebbe da pensare che anche a rotoli si può andare con maggiore intensità. L’ultimo dell’anno a Roma sui 904 vigili urbani che avrebbero dovuto essere in servizio (su 6.092 in organico, in pratica un paese con la divisa!), 767 si sono dati assenti, i tre quarti per malattia e 90 senza apparente giustificazione. Insomma, un’epidemia...
«Più ritmo per l’Italia» auspicò il premier Renzi nella tradizionale conferenza stampa di fine anno. Visto quanto accaduto nei giorni seguenti, verrebbe da pensare che anche a rotoli si può andare con maggiore intensità. L’ultimo dell’anno a Roma sui 904 vigili urbani che avrebbero dovuto essere in servizio (su 6.092 in organico, in pratica un paese con la divisa!), 767 si sono dati assenti, i tre quarti per malattia e 90 senza apparente giustificazione. Insomma, un’epidemia. Ma pure tra i netturbini di Napoli la fine del 2014 dev’essere stata segnata da termometri, paracetamolo e plaid, visto che i dipendenti dell’Asia (che non è solo un continente, ma anche l’Azienda servizi igiene ambientale di Napoli) ammalati erano 182. Per fortuna ci ha rassicurati il vicesindaco con delega all’ambiente, Sodano (Rifondazione Comunista) ricordandoci che Napoli non è Roma (vuoi mettere…); che l’anno prima i malati erano stati molti di più (278) e sono oltre 600 gli ultrasessantenni su un organico di 2.300 persone. Purtroppo due sono pure morti. E anche a Bari la sera dell’ultimo un dipendente su quattro dell’azienda di trasporti comunale non si è presentato (109 assenti su 417). Ma il clou è stato raggiunto con il crollo – fortunatamente senza vittime – di un tratto del raccordo della statale Palermo-Agrigento inaugurato sei giorni prima, in anticipo di tre mesi sui tempi stabiliti. «È l’Italia che va / con le sue macchinine vrum vrum / sulle piccole autostrade bum / sotto cieli di cristallo blu, blu» cantava quasi trent’anni fa Rosalino Cellamare, in arte Ron. Ma c’è ben poco da cantare in un Paese che va a rotoli. Come sempre quando i buoi sono scappati, le autorità lanciano strali con minacce di licenziamento, rassicurano che stavolta sì i responsabili verranno puniti, che certe cose non devono più accadere, i danni dovranno essere rifusi... Gli stessi identici ritornelli già sentiti milioni di volte. Inutilmente. In realtà imperversa feroce e subdolo come non mai il virus dell’irresponsabilità, che non si sconfigge con l’aspirina e lo sciroppo; coniugato con la mancanza di senso civico genera quel marciume di cui tutti ci lamentiamo. Del resto in un contesto dove si parla sempre e solo di diritti e mai di doveri, cosa ci si dovrebbe aspettare? Che uno abbia pure voglia di lavorare per realizzare se stesso? Macché! L’importante è che arrivi lo stipendio. Nel Paese dei furbi il più in gamba, quello da emulare non è chi produce di più e meglio o semplicemente compie il proprio dovere, ma chi fa di meno riuscendo a farla franca. Quanto al livello etico… per averne un sentore basta leggere i commenti alle notizie di chi pontifica sul web nascondendosi dietro un nickname, per esempio sul medico colpito da Ebola (guarito nei giorni scorsi) che se l’era andata a cercare o gli insulti alle due giovani rapite in Siria. La prima riforma da attuare per evitare la deriva del Paese non sarà l’Italicum ma un radicale cambio di mentalità, coniugato con l’urgenza di rimboccarsi le maniche.