Campioni nella vita
Verona sul podio mondiale. C’è idealmente salita con Manuel Pozzerle, il 39enne snowboarder di San Michele Extra, medaglia d’argento alle Paralimpiadi in corso fino a domenica 18 a PyeongChang, in Corea del Sud. Una disciplina – lo snowboard – per amanti del brivido…
Verona sul podio mondiale. C’è idealmente salita con Manuel Pozzerle, il 39enne snowboarder di San Michele Extra, medaglia d’argento alle Paralimpiadi in corso fino a domenica 18 a PyeongChang, in Corea del Sud. Una disciplina – lo snowboard – per amanti del brivido… e non soltanto per il terreno innevato sul quale si disputano le gare, ma soprattutto per i salti, le curve e le pendenze che caratterizzano le discese mozzafiato con la tavola arcuata sotto i piedi. Ma Manuel a tutto questo è abituato, visto che scia da quando era adolescente e nemmeno l’incidente in moto di nove anni fa a causa del quale ha perso la mano sinistra, gli ha fatto cambiare sport. E lui che sperava di arrivare tra i primi quattro, è giunto ottimo secondo, battuto in finale dall’australiano Patmore. Una gara segnata da diversi contrattempi: il cancelletto di partenza che non funzionava, la mutata consistenza del manto nevoso che ha costretto gli skimen agli straordinari per adeguare l’attrezzo al terreno di gara, le numerose cadute dei concorrenti.
Arrivato al traguardo, all’intervista di rito il non più giovane atleta si è presentato con il tricolore annodato al collo, a mo’ di foulard e la sua dedica è andata alla famiglia: la moglie Sara e la piccola Nives. Poi il pensiero al compagno di squadra Jacopo Luchini, giunto quarto, che questo venerdì avrà comunque l’occasione di rifarsi nella gara di slalom a lui più congeniale. Infine l’auspicio che lo storico risultato ottenuto possa giovare a tutto il movimento, entrato tra le discipline paralimpiche solo quattro anni fa.
Facile cogliere la differenza con i pluriosannati campioni (o pseudo tali) e allenatori del mondo pallonaro, che si presentano in conferenze stampa che nel 95% dei casi sono autentiche sagre dell’ovvio, del banale e dello scontato. E non manca chi, dimenticando le proprie umili origini, dinanzi alla domanda pertinente ma scomoda di una giornalista, risponde con una battuta triviale da far accapponare la pelle. Quanto costoro avrebbero da imparare da gente che non campa di sport eppure lo pratica con passione e successo nonostante la disabilità, e magari ha dovuto sudare più per farsi concedere le ferie dal datore di lavoro che per andare in forma alle Olimpiadi. Di questi atleti i media parlano solo ogni quattro anni se vincono una medaglia olimpica o un mondiale, ma di fatto sono loro i veri campioni perché non vivono in una bolla artefatta, in un empireo social, ma nella dura realtà di tutti i giorni.
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