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Bene comune responsabilità di ciascuno

C’è una forte assonanza nei discorsi di fine anno di papa Francesco e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Papa Francesco nell’omelia del Te Deum, ha espresso la sua riconoscenza a tutti gli ‘artigiani del bene comune’, che amano la loro città non a parole ma con i fatti. Sono «persone che ogni giorno contribuiscono con piccoli ma preziosi gesti concreti al bene di Roma»...

Parole chiave: Editoriale (407), Renzo Beghini (62), Papa (158), Mattarella (4)

C’è una forte assonanza nei discorsi di fine anno di papa Francesco e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Papa Francesco nell’omelia del Te Deum, ha espresso la sua riconoscenza a tutti gli ‘artigiani del bene comune’, che amano la loro città non a parole ma con i fatti. Sono «persone che ogni giorno contribuiscono con piccoli ma preziosi gesti concreti al bene di Roma».
Nel suo discorso di fine anno il presidente Mattarella ha manifestato fiducia nel futuro, perché «i problemi che abbiamo davanti sono superabili. Possiamo affrontarli con successo, facendo, ciascuno, interamente, la parte propria».
Papa Francesco ha elogiato quanti cercano di compiere al meglio il loro dovere, rispettano i luoghi pubblici e segnalano le cose che non vanno, stanno attenti alle persone anziane o in difficoltà. «Questi e mille altri comportamenti esprimono concretamente l’amore per la città. E cooperano silenziosamente al bene comune». Francesco è convinto che «queste persone, anche se non fanno notizia, sono la maggior parte della gente che vive a Roma».
Il presidente Mattarella ricordando il 70/o della Carta Costituzionale, ha precisato che essa «ci sollecita a riconoscerci comunità di vita. Con il suo patrimonio, di valori, di principi, di regole, essa costituisce – citando Aldo Moro – la nostra casa comune».
Guardando all’anno appena trascorso, l’impressione generale è che si confermi un trend in cui perseguire il ‘bene’ è un’impresa sostanzialmente privata non collettiva. L’orizzonte di riferimento rimane lo spazio ristretto dei piccoli interessi e dei risultati immediati. C’è scetticismo – qualcuno lo chiama ‘disincanto’ – verso tutto ciò che è comune, condiviso, partecipe. L’Occidente vive da qualche tempo un clima culturale molto ‘economico’ e poco politico, più competitivo che cooperativo. Parlare di bene e casa comune appare ai più, un’operazione nostalgica e ingenua. Hannah Arendt descrive come ‘tempi bui’ quelli «in cui lo spazio pubblico si oscura e il mondo diventa così incerto che le persone non chiedono più alla politica se non di prestare la dovuta attenzione ai loro interessi vitali e alla loro libertà privata».
Eppure l’assonanza tra papa Francesco e il presidente Mattarella fa pensare. Non si tratta solo di analisi o di desideri, ma i due sembrano indicare nel bene comune la sfida più grande dei prossimi anni. Da notare che non si tratta di definire il bene. Si tratta piuttosto di avvertire nell’agire pratico una corrispondenza e una simmetria connaturale tra bene individuale e bene pubblico, tra felicità personale e felicità collettiva.
È interessante rilevare che sia per Francesco sia per Mattarella la risposta per la (ri)generazione del legame sociale passa dalla responsabilità del singolo e dalle virtù personali, dai piccoli ma preziosi gesti concreti «che esprimono tangibilmente l’amore per la città: senza discorsi, senza pubblicità, ma con uno stile di educazione civica praticata nel quotidiano».
In sintesi la sfida per cristiani e laici è vivere l’etica della responsabilità collettiva come questione in cui è in gioco la dignità personale. Non ci possiamo accontentare del bene individuale o limitarci al possibile. Perché – chiosando Max Weber – è perfettamente confermato da tutta l’esperienza storica, che il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non ci fosse qualcuno che ritentasse sempre l’impossibile.
Grazie papa Francesco. Grazie presidente. È un augurio per il 2018 appena iniziato che fa bene alla Chiesa e al Paese.

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