Editoriale
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Avvocato, mi dia due etti di crudo...

Avete presente il minimarket che vendeva dall’anguilla marinata al sapone di Marsiglia, dal Fernet alle scope di saggina? O il calzolaio che in una mattinata ti risuolava le scarpe, le lucidava facendole risplendere come nuove e già che c’era ti cambiava pure le stringhe?

Parole chiave: Editoriale (407), Alberto Margoni (64)

Avete presente il minimarket che vendeva dall’anguilla marinata al sapone di Marsiglia, dal Fernet alle scope di saggina? O il calzolaio che in una mattinata ti risuolava le scarpe, le lucidava facendole risplendere come nuove e già che c’era ti cambiava pure le stringhe? Botteghe pressoché scomparse all’epoca dei centri commerciali dove puoi parcheggiare gratuitamente e trovare di tutto e di più, ma senza quel rapporto tra esercente e cliente tipico dei negozi di vicinato e delle attività artigianali che era garanzia di sicurezza a prescindere dalle etichette sui prodotti. Basta visitare a qualche mese di distanza il centro di qualunque città o località turistica per accorgersi dei cambiamenti: negozi che aprono e chiudono in continuazione, tanti cartelli con le scritte “affittasi” o “vendesi”, categorie merceologiche magari buone per i turisti (bar, gelaterie e boutique) ma non per chi ci vive e dovrebbe campare tutti i giorni (ormai trovare una macelleria in certe amene località è come scovare un tartufo bianco in Piazza Erbe). Centri storici abitati da persone anziane che, spesso sprovviste di automobile e quindi costrette a ricorrere per la “grossa spesa” a figli e nipoti, avrebbero bisogno di quei negozi sotto casa che però sono sempre meno, costretti a chiudere perché falcidiati dalle tasse, dalla concorrenza spietata dei centri commerciali e da affitti insostenibili.
I dati Istat pubblicati nei giorni scorsi sono in questo senso inequivocabili: in nove anni, ovvero dal secondo trimestre 2008 allo stesso periodo del 2017 – quindi durante la grande crisi economica – sono scomparsi 642mila lavoratori indipendenti, pari al 10,7%, cioè uno su dieci, a fronte di una diminuzione nei Paesi Ue di solo il 3,7%. Per rendere l’idea, è come se fosse venuta meno una città come Palermo di partite Iva. Facile supporre che molti siano andati in pensione senza venire rimpiazzati dai figli nella loro attività commerciale, artigiana o nell’ambito dei servizi. Certo, guardando il bicchiere mezzo pieno si nota che in Italia i lavoratori indipendenti costituiscono il 23,2% degli occupati, quindi più di uno su cinque (rispetto a una media europea del 15,7%). E il 68% di questi sono lavoratori autonomi senza dipendenti che hanno approfittato di un’opportunità presentatasi oppure hanno proseguito l’attività famigliare. E a sette su dieci sta bene così. Ma fa pure scalpore il +26% di liberi professionisti. Vorrà dire che invece che dal salumiere andremo dall’avvocato o dallo psicologo.

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