L’amore per Dio è inscindibile da quello per il prossimo
Matteo 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Continua, anche per questa domenica, la lettura di alcune delle controversie tra Gesù e i suoi oppositori i quali, di volta in volta, cercano di coglierlo in errore rispetto all’interpretazione e all’insegnamento della fede di Israele. Tralasciata la disputa con i sadducei inerente al tema della risurrezione, la liturgia nel testo odierno riporta il momento in cui il Nazareno viene interpellato da un dottore della legge – un teologo si direbbe oggi – che si fa portavoce di un gruppo di farisei.
La vicenda è estrapolata di nuovo dal capitolo ventiduesimo del primo vangelo e il contesto geografico e temporale è il medesimo: Gesù si trova a Gerusalemme, ha la percezione sempre più distinta che il cerchio attorno a Lui si sta stringendo velocemente poiché il numero di quanti lo vogliono zittire aumenta in maniera costante. L’interlocutore del Nazareno è un esperto delle Scritture, un profondo conoscitore della Legge, che non rinuncia a porre una domanda complessa con fare insidioso. Chiedere «nella Legge qual è il più grande comandamento?» significa porre una questione assolutamente rilevante per un ebreo. Nel giudaismo rabbinico, infatti, la Torah (= Legge, ossia i primi cinque libri della Scrittura) aveva assunto un’importanza centrale rispetto agli altri testi poiché tramite il suo studio approfondito, oltre alle dieci parole affidate da Dio a Mosè (Es 20,2-17; Dt 5,6-22), erano stati individuati i 613 precetti cui ogni buon ebreo doveva cercare di attenersi. Di fronte ad una tale parcellizzazione della volontà di Dio che nel tempo ha portato a distinguere tra precetti gravi e leggeri, generali e specifici, grandi e piccoli, emerge la preoccupazione di trovare una sorta di principio unitario e unificatore che conferisca ordine e gerarchia tra le prescrizioni.
Alla domanda che gli viene posta, Gesù offre una risposta che spiazza: evita di recitare alcun comandamento ma cita lo Shemà Israel, ossia la preghiera che costituisce la professione di fede che ciascun ebreo è chiamato a pronunciare più volte al giorno: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,4-5). E aggiunge che questo è il grande e primo comandamento. Così facendo il Maestro attesta che la nuova relazione con Dio che Lui cerca di promuovere e rendere accessibile a tutti è basata sulla capacità di amare il Signore in modo totale, coinvolgendo tutte e tre le facoltà che definiscono l’uomo nel suo essere più profondo: cuore, anima e mente.
L’originalità dell’insegnamento dato da Gesù, tuttavia, inizia con la seconda parte della risposta, quella in cui al comandamento dell’amore per Dio viene accostato quello dell’amore per il prossimo. Riprendendo un passo tratto dal Libro del Levitico il Nazareno afferma “amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18) e in tale maniera attesta che l’amore per Dio è inscindibile dall’amore per il prossimo, poiché non può sussistere l’uno senza l’altro. Questo secondo comando è assimilato al primo imperativo e con esso funge da principio fondamentale su cui si basa tutta la rivelazione biblica (“la Legge e i profeti”, Mt 22,40). Troppo spesso e troppo facilmente si parla di amore per Dio disgiungendolo dall’amore per chi ci sta accanto e tale modo di intendere il rapporto con il Padre sovente nasconde la tentazione di ridurre Dio ad una immagine precostituita, plasmata ad hoc da ciascuno. Gesù afferma che l’amore per l’Altro si vive e si dimostra amando gli altri in maniera attiva e disinteressata.
L’evangelista Matteo intende mettere in evidenza come il formalismo che caratterizza l’agire dei farisei, che pongono attenzione a tutte le più piccole prescrizioni, li porti a tralasciare ciò che è davvero fondante. Tale insegnamento, che nell’intenzione dell’autore del primo vangelo vuole essere un monito anche per sua la comunità cristiana, riesce a legare il cielo alla terra, l’uomo a Dio, la dimensione verticale dell’amore – amore per Dio – e quella orizzontale – amore per i fratelli – indissolubilmente. Il comando di amare il prossimo è la frase anticotestamentaria più citata da Matteo nella sua opera. Ciò sta a significare senza dubbio che Gesù deve essere tornato più volte sull’importanza di questo precetto al fine di attuare la volontà di Dio.
In questi giorni in cui in Terra Santa si susseguono eventi drammatici difficili da sopportare e ancor più da cercare di comprendere, il richiamo all’amore per Dio attraverso l’amore per il prossimo possa generare un sussulto contro l’indifferenza, la volontà di schierarsi da una parte o dall’altra, il bisogno di semplificare ciò che è complesso, per favorire speranze e percorsi di pace.
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