Gesù, un fratello per i peccatori
Matteo 3,13-17
In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
La festa del Battesimo di Gesù è l’ultima celebrazione del tempo natalizio e si lega strettamente alla solennità dell’Epifania, come festa della manifestazione (epifania) del Signore. In qualche antica tradizione liturgica latina vi era aggiunta anche una terza celebrazione con il vangelo delle nozze di Cana e così era completato il ciclo delle manifestazioni di Gesù: ai pagani nella persona dei magi, al Battista e ai discepoli.
È ovvio quindi che il centro della celebrazione odierna sia la persona di Gesù, la sua elezione e la sua missione. Il vangelo, forse per una preoccupazione dell’evangelista di fronte a discepoli del Battista che ritenevano questi “il profeta”, sottolinea subito il rapporto di Giovanni il Battista con Gesù, con il riconoscimento immediato che Gesù è il “più forte” «io ho bisogno di essere battezzato da te».
Una grande difficoltà ha certamente incontrato Giovanni Battista di fronte a Gesù che va a farsi battezzare da lui come uno dei tanti peccatori che affollavano il luogo della predicazione del Battista il quale, come è espresso all’inizio del capitolo del Vangelo, così presentava la missione del Messia come era atteso da Israele: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? ... Colui che viene dopo di me è più forte di me... Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».(Mt 3,7-12)
Era quindi comprensibile che un Messia che si presentava come un peccatore sconvolgesse l’attesa di Giovanni e richiedesse da lui una comprensione diversa della “giustizia” di Dio: non più come doverosa punizione dei malvagi e adeguato premio ai giusti, ma come occasione di salvezza possibile per tutti ed è suggestivo che il battesimo di Gesù avvenga oltre il Giordano, in territorio pagano, in una località che era anche il luogo abitato più basso della terra nella fossa del Mar Morto. Quasi che Gesù volesse porsi anche fisicamente al di sotto di ogni uomo o donna.
Più tardi, dopo la Pasqua, l’autore della Lettera agli Ebrei mostrerà di aver ben compreso il significato profondo del gesto con cui Gesù ha dato inizio alla sua vita pubblica e lo formulerà in termini commoventi. Parlando degli uomini peccatori che egli è venuto a salvare noterà: “egli non si vergogna di chiamarli fratelli” (Eb 2,11).
Ed è in questa linea che siamo chiamati continuamente a vivere da papa Francesco come si esprime anche nella lettera apostolica Misericordia et misera al paragrafo 21: “Questo è il tempo della misericordia. Ogni giorno del nostro cammino è segnato dalla presenza di Dio che guida i nostri passi con la forza della grazia che lo Spirito infonde nel cuore per plasmarlo e renderlo capace di amare. È il tempo della misericordia per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza. È il tempo della misericordia perché quanti sono deboli e indifesi, lontani e soli possano cogliere la presenza di fratelli e sorelle che li sorreggono nelle necessità”.
E questo non solo individualmente ma anche come comunità cristiane di oggi, affinché rivediamo quegli atteggiamenti da cui traspaiono supponenza, presunzione, autocompiacimento per la propria giustizia, e correggiamo ogni forma di linguaggio che possa ingenerare l’idea che si intende giudicare, condannare, emarginare chi ha sbagliato o sta sbagliando.
Tutto questo sorretto e rallegrato dalla bella notizia che ci viene comunicata nel vangelo del battesimo di Gesù, perché “si aprirono per lui i cieli” e per tutta l’umanità di tutti i tempi, come abbiamo invocato nell’Avvento con le parole del profeta Isaia: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi” (Is 63,19); perché vide “lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire si di lui” come dono stabile di forza evangelizzatrice, di grazia e di riconciliazione per tutto l’universo; perché venne “una voce dal cielo che diceva : questi è il Figlio mio, l’amato...” nel quale, per il nostro battesimo, anche noi siamo figli di Dio.
Abbiamo quindi tutti ragione di gioire in questa festa perché non solo risplende in pienezza l’identità di Gesù Figlio di Dio e Messia ma incontriamo anche la sua missione di Servo del Signore che agisce come Parola dolce e umile come Isaia ha annunciato nella prima lettura e come portatore della vita nuova nel battesimo come S. Pietro ha proclamato nella seconda lettura.