Valpolicella, le colline terrazzate nel Registro dei paesaggi rurali
Accettata la candidatura, ecco quali saranno i vantaggi per il territorio
Un primo importante passo è stato compiuto per l’iscrizione delle “Colline terrazzate della Valpolicella Classica” nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici del Ministero delle Politiche agricole. La domanda di candidatura è stata accettata e sarà il preludio all’iscrizione che avverrà in seguito ai sopralluoghi dei tecnici del Ministero – si spera il prossimo anno.
Istituito nel 2012 all’interno dell’Osservatorio nazionale del paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali, il registro intende “raccogliere le candidature provenienti dagli enti interessati su tutto il territorio nazionale” – si legge sul sito – al fine “di identificare e catalogare nel Registro paesaggi rurali tradizionali o di interesse storico, le pratiche e le conoscenze tradizionali correlate, definendo la loro significatività, integrità e vulnerabilità, tenendo conto sia di valutazioni scientifiche, sia dei valori che sono loro attribuiti dalle comunità, dai soggetti e dalle popolazioni interessate”. Nel Registro sono già iscritti – per la provincia di Verona – le colline vitate del Soave e gli alti pascoli della Lessinia.
L’iter di iscrizione è iniziato nel 2017 grazie alla sinergia tra diversi attori, coordinati dalla Cantina Valpolicella Negrar: le amministrazioni di Negrar, Marano, Fumane, San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio; il Dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Verona; il Gal Baldo Lessinia.
Andrea Turato, architetto padovano, e Viviana Ferrario, geografa e professore associato allo Iuav di Venezia, hanno sottolineato come l’inizio della valutazione storico-ambientale si possa far risalire al biennio 1954-1955: in quegli anni infatti stava avvenendo la grande trasformazione agricola italiana con la meccanizzazione e contestualmente si ebbero le prime immagini fotografiche aeree del suolo. Roberta Capitello, professore associato del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Verona, ha esposto i risultati di uno studio da lei condotto, secondo cui il paesaggio è al primo posto delle preferenze tra gli enoturisti, i quali sono disposti a pagare di più (da 20 centesimi ad un euro) per il servizio offerto se si trova in un paesaggio piacevole alla vista. Concetto ribadito anche da Diego Tomasi, primo ricercatore al Centro di ricerca per la Viticoltura e l’Enologia di Conegliano: «La vista è il senso che maggiormente produce desiderio e aspettativa e dunque il consumatore, sempre più evoluto, sa riconoscere un bel paesaggio da uno brutto»; e aggiunge: «Un sito diventa luogo quando la presenza dell’uomo gli dà un’anima e una memoria».
Una sfida dunque che se da un lato promette importanti ricadute economiche, dall’altro impone una riflessione e un’azione ancora più stringenti a salvaguardia di un territorio che nei decenni passati è stato martoriato senza tanti complimenti. Non è forse un caso che il capofila del progetto, la Cantina Valpolicella, abbia sede a Negrar di Valpolicella, un paese diventato talmente celebre da coniare un neologismo finito addirittura nella Enciclopedia Treccani. La “negrarizzazione” è per la celebre enciclopedia, una “urbanizzazione speculativa, e al di fuori di ogni controllo, del territorio compreso nel comune di Negrar, in provincia di Verona” e presto riferita, per estensione, a tutta la vallata.
L’iscrizione nel Registro dei paesaggi storici potrà e dovrà essere un punto di partenza per invertire questa tendenza e rilanciare un territorio dalle enormi possibilità ancora poco sfruttate.
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