Quelle piccole pietre su cui inciampa chi dimentica cos’è l’antisemitismo
di LUIGI FERRARI
Ce ne sono in città e in provincia: ricordano ebrei (e non solo) uccisi

di LUIGI FERRARI
Da un’ottantina di anni a questa parte, mai come in questi ultimi due si è sentito parlare di “destre”, di “nazionalismi” che avanzano a scapito delle “democrazie” che dal 1946 hanno cercato di cancellare, riuscendovi in parte, l’avvilente periodo (dire parentesi è limitativo) del nazi-fascismo.
L’ha fatta veramente bella – la scoperta della pietra d’inciampo – lo scultore tedesco (guarda un po’, proprio un berlinese) Gunter Demnig, che chiamò fin da subito Stolpersteiner. Il motivo, per un uomo nato nel 1947, fu davvero nobile: ricordare donne e uomini ebrei di ogni estrazione sociale, vittime di deportazioni e persecuzioni perpetrati in ossequio all’odio. Il messaggio era chiaro: non inciampare mai negli stessi errori e non rimanere indifferenti.
La fantasia umana non conosce confini. La ideò come un blocchetto di cemento grande suppergiù come un sanpietrino (10x10 cm), ricoperto di una lamina d’ottone sulla quale sta inciso il nome e il cognome, la data di nascita, la data e il luogo di deportazione e quella della morte del destinatario. Ed erano “pietre” da mettere proprio nel luogo dove sarebbe cominciata la via del Calvario. Chissà se pensava al successo che avrebbe ottenuto quell’iniziativa, ma da allora se ne posero in tutto il mondo oltre 75mila e in Italia il numero supera abbondantemente quota 2.200. Messe assieme, vien fuori sì un monumento grandioso. La prima fu posta nel 1992 a Colonia, davanti alla porta di una abitazione, indispettendo una signora che non sapeva (o finse di non ricordare) chi ci abitasse dentro, né quale fosse la loro storia al tempo delle deportazioni. Ma glielo spiegò a dovere.
Ci capiamo se diciamo che “un colpo” ben piazzato come questo non sia gradito a tutti? Finché serpeggia e si alimenta l’antisemitismo, mettiamocela via che venga digerito facilmente. C’è sempre chi vorrebbe inciamparvi dentro per toglierle d’attorno, senza capire che sono paragonabili a un registro dei morti a cielo aperto a ricordo degli scandali “che gridano vendetta al cospetto di Dio”, come si diceva una volta quando si condannava senza appello l’imperdonabile. “Scandalo” non è una parola messa a caso: tradotta dal greco significa proprio “ostacolo”, “inciampo”.
Mi sia concesso un inciso. Quand’ero giovane, recitando la compieta con il curato e un gruppo di amici, incontravo fra le righe del salmo 90 queste parole: “Sulle loro mani ti porteranno (gli angeli del Signore, ndr) / perché non inciampi nella pietra il tuo piede”.
Non è una novità, quindi, che alcune vengano tolte per puro disprezzo o perché “non gradite”. È come se gli riuscisse di buttare all’aria il Memoriale di Yad Vashem nella collina di Gerusalemme, o le Fosse Ardeatine, o le decine di “monumenti” sorti qua e là per riattivare la memoria, confondendo (ma è poi la parola giusta?) sei milioni di ebrei uccisi durante la Shoah con una simile cifra in euro vinta al Totip.
Sia chiaro che la pietra d’inciampo intende ricordare anche i partigiani aderenti o no ai Comitati di liberazione nazionale e coloro – uomini e donne – che hanno pagato, anche loro con la vita, l’aiuto occulto prestato per assecondarne l’azione. E a nessuno è data facoltà di porle a piacimento: lo si fa a ragion veduta dietro autorizzazione delle competenti autorità, che le inseriscono in una mappa vera e propria.
È evidente che per scovare chi è stato vittima di tali infamie, si sia resa necessaria una attenta ricerca negli archivi dello Stato e dei Comuni.
Se Roma fu la prima città italiana a posarle nel 2010, a Verona si cominciò con le due cementate il 15 maggio 2022 a ricordo di Tullio Basevi (55 anni) in via Stella 6, e Gilda Forti (48 anni, cugina di Basevi) in via Duomo 5, assassinati l’uno a Flossembürg e l’altra a Ravensbrück; altre due, poco dopo, a ricordo di Lina Arianna e Ruggero Jenna, poste in via Emilei; il 3 febbraio scorso ne hanno trovato dimora due a ricordo di Armando Di Pietro (43 anni) in via Fincato 9, e Renato Mancini (30 anni) in Corticella Fondachetto, entrambi facenti parte dei 67 trucidati il 12 luglio 1944 a Fossoli.
Le prime poste in provincia sono state a Isola della Scala (8) e Trevenzuolo (1) il 31 maggio 2021; seguirono: Peri di Dolcè (2) il 22 maggio 2023, Villa Bartolomea (12) il 1° dicembre 2023, Dolcè (1) il 25 gennaio 2024, Sommacampagna (13) a marzo dello scorso anno. Il progetto iniziale era scaturito da una iniziativa promossa dalla Comunità Ebraica di Verona, patrocinata subito dal Comune.
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