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Nerina, una vita messa in rima

Nerina Poggese scrive poesie e racconti. Da sempre. Tanto è vero che in paese, a Cerro Veronese dove vive, tutti conoscono la sua abilità nel trasformare semplici parole in composizioni in vernacolo o in italiano...

Parole chiave: Cerro Veronese (3), Nerina Poggese (1), Poetessa (1)
Nerina, una vita messa in rima

Nerina Poggese scrive poesie e racconti. Da sempre. Tanto è vero che in paese, a Cerro Veronese dove vive, tutti conoscono la sua abilità nel trasformare semplici parole in composizioni in vernacolo o in italiano. «Meglio in dialetto: è la lingua che ha maggior immediatezza nell’esprimere i sentimenti, quella in cui pronunciare: te voi ben», esordisce, con una spontaneità di cui si ritrovano contaminati i suoi scritti. Vocaboli disseminati con l’inchiostro sui fogli, di solito messi insieme di pugno, in qualsiasi momento della giornata. Non appena, cioè, si manifesta l’ispirazione.
«Carta e penna non mi mancano mai, li tengo a portata di mano», racconta di sé, con sorriso sincero. Come a ribadire che, quando si palesa l’urgenza della scrittura, non bisogna farsi sorprendere impreparati. Ed ecco che Nerina si mette all’opera, davanti al quaderno al pari dell’artista sulla tela. C’è chi le chiede di comporre una poesia per il compleanno della nonna, chi vuole festeggiare in versi una ricorrenza speciale, chi si sposa e desidera suggellare l’evento con una manciata di rime. Allo stesso modo della nonna paterna, all’epoca tra le poche letterate della zona, chiamata a scrivere per il Comune, oppure per le donne che avevano i cari al fronte.
Fu il concittadino maestro e poeta, Gigi Tomelleri, a riconoscere il talento di Nerina quando era sui banchi di scuola: «Brava la mia poetessa, mi scrisse su un compito. Ho sempre letto tantissimo e sono cresciuta ascoltando alla radio i grandi poeti veronesi. Per il resto sono un’autodidatta che, dopo le medie, ha frequentato un istituto professionale».
Per caso iniziò a partecipare a concorsi letterari di prosa e di poesia a livello regionale e nazionale. Al debutto, ventenne, seguirono anni di partecipazioni fino ad allungare l’elenco dei premi di un palmares che supera ampiamente il centinaio di successi. Gli ultimi onori – finalista con una poesia e terza classificata per la prosa – li ha raccolti in Campidoglio nel contesto di una competizione organizzata a livello nazionale dall’Unione delle pro loco d’Italia per preservare dall’oblio idiomi e tradizioni. A ben guardare, Roma non è nemmeno la città più lontana che ha raggiunto, accompagnata dal marito Camillo, per ritirare medaglie e trofei.
Oltre agli allori, che pure fanno piacere, conta il gesto naturale dello scrivere: «Una sorta di sfogo e di terapia. La fede, la poesia e l’ironia mi hanno aiutato a superare i dolori e le sofferenze che mi sono capitati e mi hanno dato l’empatia per comprendere meglio i problemi altrui», precisa. Con una creatività declinata in vari ambiti della quotidianità, sfiorando con delicatezza varie tematiche: «Ho scritto testi per il teatro, messi in scena per la locale compagnia Instabile, coinvolgendo adulti e bambini in spettacoli di beneficenza. Sono impegnata nel volontariato. Nel 1999 ho partecipato al Film Festival della Lessinia con il cortometraggio Fregole, realizzato in economia, coinvolgendo amici e familiari. Uno dei miei racconti, la storia di una donna vittima di violenza, è stato pubblicato sul settimanale Oggi», prosegue la poliedrica cinquantaduenne. Con un orgoglio mescolato alla modestia caratteristica della gente di montagna, che lavora in silenzio e che percorre lunghe distanze misurabili non tanto in chilometri, ma nei venti premi ottenuti solamente lo scorso anno.
«Guai se mi manca la penna», ribadisce Nerina, mentre allunga lo sguardo fuori dalla finestra di casa, nella cornice di Borgo Paglia con le architetture in pietra che certo sono state per lei d’ispirazione. «Parlo di sofferenza, di malattia, dei problemi veri che possono capitare nella vita. Tuttavia, nella maggior parte delle commedie e delle poesie, aggiungo la speranza. Almeno nel finale. C’è ancora del bello nel mondo, se si ha la volontà di ricercarlo», esorta. È questa la sfida, il resto è spontaneità: le parole sono custodite nel suo cuore, escono quando è il tempo giusto. «Inizio e da qualche parte arrivo», conclude, sistemando la stufa. Mentre le parole continuano a regalare tepore alla stanza.

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