Molina: non solo cascate
Un museo, una storia. Splendida meta sopra Fumane per camminare e per imparare
Non solo cascate e ruscelli, boschi e fiori, ma anche un affascinante viaggio nella preistoria. Il parco delle cascate di Molina, che conta circa 130mila visitatori all’anno, è un vero e proprio museo a cielo aperto, che permette di scoprire i segreti del mondo vegetale e animale in mezzo a una natura rigogliosa.
Protagonista indiscussa di questa visita è l’acqua, elemento di importanza vitale e che ha dato vita e alimentato l’economia di questo paese, il cui nome deriva proprio dalla presenza dei mulini: nel ‘700 se ne contavano 19, di cui una buona parte era adibita alla macinazione di cereali, ma c’erano anche i mulini per la lavorazione del ferro, la falegnameria, la spremitura dei frutti oleosi per ricavare olio da tintura o combustibile, o ancora la lavorazione della lana.
Il parco si raggiunge attraversando il paese e percorrendo una piacevole strada in discesa. All’ingresso è possibile scegliere tra percorsi di diverse lunghezze e difficoltà. L’area delle cascate rientra nella rete ecologica denominata Natura 2000, istituita con direttiva europea e che raggruppa 128 siti in Veneto, corrispondenti al 22,5% del territorio regionale. La finalità è quella di garantire il mantenimento a lungo termine o, se necessario, il ripristino degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.
«Il parco si può visitare insieme a guide che accompagnano le persone anche in altri luoghi del Baldo e della Lessinia», spiega Agostino Sartori, presidente di Vivere Molina, l’associazione fondata nel 1993 e che vede il coinvolgimento di diverse figure professionali, una trentina tra lavoratori a tempo pieno e collaboratori stagionali, e anche una collaborazione con l’associazione Gambero Nero, con l’obiettivo di valorizzare il parco e l’intero territorio. Sono proprio loro a organizzare per gruppi e scolaresche laboratori sui temi più svariati: acqua, botanica, osservazione delle specie.
Ma si può passeggiare anche per conto proprio grazie all’aiuto di indicazioni semplici e chiare. Si impara sul campo, insomma, ammirando pareti di roccia vertiginose che si alternano alle caverne, zone boschive e bellissime cascate di acqua sorgiva. E nelle grotte, in posizioni sempre strategiche per osservare e monitorare, si possono scoprire curiosità sulla vita degli uomini preistorici che le abitarono. I cartelloni didattici posizionati lungo i percorsi sono dedicati alle piante e agli arbusti tipici di quest’area: dal carpino nero al tiglio, dal corniolo al ciliegio canino. Altri invece contengono informazioni che aiutano ad approfondire diverse tematiche: gli insediamenti preistorici in Valpolicella e Lessinia, la conformazione delle grotte, l’utilizzo della selce, la presenza dell’orso delle caverne, le specie animali che frequentano il bosco, compresi gli uccelli predatori e le specie acquatiche.
E per il 2019 ci sono delle novità: «A partire dalla metà di giugno sarà percorribile un nuovo tratto, che sarà un’estensione del sentiero nero e permetterà di raggiungere la Grotta del Falco». Questi lavori di pulizia del bosco si accompagnano poi al recupero di alcuni mulini che sono trasformati in aule didattiche. Mulini e malghe, dunque, diventano strutture di appoggio nello svolgimento di laboratori particolarmente importanti nella stagione più fredda. «Il parco della cascate è molto suggestivo d’inverno – ricorda Sartori –. Qui regna un silenzio assoluto e si possono fare dei percorsi didattici per bambini e ragazzi in totale tranquillità».
Insomma, se il parco è conosciuto soprattutto per le bellissime cascate ed è particolarmente frequentato nel periodo estivo e nei weekend, una gita in altre stagioni sicuramente merita e permette a bambini e adulti di scoprire una fetta di storia importante del territorio veronese in un ambiente meraviglioso.
Silvia Allegri
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