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Il prete dell'armata sepolta nell'Ossario

di Matilde Santi
Una mostra ricorda la figura di don Gaetano Pivatelli che contribuì alla creazione del monumento di Custoza

Il prete dell'armata sepolta nell'Ossario

di Matilde Santi

“Nemici in vita, morte li adeguò, pietà li raccolse”. Sono le parole di un avvocato veronese, Luigi Zamperini, incise nella cappella dell’Ossario di Custoza, dove sono raccolti i resti di circa seimila soldati, italiani e austriaci, morti durante le battaglie risorgimentali di Custoza. Un monumento, ma anche un luogo sacro, progettato dall’architetto Giacomo Franco e costruito in un anno (1878-79) sul colle del Belvedere, con cui poter dare dignità e una giusta sepoltura ai caduti, di cui don Gaetano Pivatelli (1832-1900) fu il principale ideatore. E proprio a lui – “povero prete di campagna”, come si definisce in una delle sue lettere – è dedicata l’esposizione temporanea, Il prete dell’armata sepolta: don Pivatelli negli anni dell’Ossario, curata dallo storico Carlo Saletti e, per le parti grafiche, da Roberto Solieri, inaugurata lo scorso 30 marzo.
La mostra si sviluppa nelle stanze della casa del custode, accanto all’Ossario, e attraverso documenti d’archivio ripercorre la vita di don Pivatelli, originario di Rosegaferro, nominato parroco di Custoza nel 1872, dove prese parte al recupero dei resti mortali dei soldati, partecipando attivamente al loro riconoscimento. Si tratta di un’esposizione che fa i conti con gli spazi ristretti di un’abitazione, ma curata nei minimi dettagli: grazie a supporti grafici e multimediali, i personaggi, insieme a don Pivatelli protagonisti dei fatti di Custoza e della costruzione dell’Ossario, prendono vita, rivolgendosi direttamente allo spettatore, parlandogli in video, attraverso alcuni attori che prestano loro la voce. 
«Questa mostra è un modo per valorizzare e riscoprire la storia del nostro territorio», spiega Saletti e continua: «Più approfondivamo la biografia di don Pivatelli, più ci siamo resi conto di quanto sia stata una figura straordinaria, fondamentale: trascorse la sua intera esistenza nelle campagne veronesi, esercitando il sacerdozio in un momento di profondi e delicati cambiamenti politici». E da “povero prete di campagna” divenne “prete dell’armata sepolta”, dunque. 
Spinto da un profondo sentimento di pietas, come Antigone nella tragedia di Sofocle, don Pivatelli avviò i lavori per costruire un monumento funerario che raccogliesse i resti dei soldati morti durante le battaglie del 1848 e del 1866. «Era straziato dalla vista delle ossa, che affioravano dalle fosse comuni, nelle fauci dei cani affamati. Voleva dare la possibilità a familiari e parenti, che gli scrivevano per far celebrare delle Messe in suffragio dei loro cari o per avere notizie di qualche soldato disperso, di avere un posto in cui poter piangere i loro morti», racconta ancora lo storico. «E quando don Pivatelli morì, il 4 aprile 1900 – conclude – sulla lapide della sua tomba scrissero “novello Tobia”: come il Tobia dell’Antico Testamento, che continuò a seppellire i morti nonostante l’ira del re, così Pivatelli si battè per costruire un luogo dove i caduti, la maggior parte senza nome, e sepolti in modo sommario, potessero riposare. Ecco che un monumento funerario diviene non solo un documento storico, ma anche un ammonimento: i resti dei soldati, italiani e austriaci, stretti insieme nella cripta sono simbolo di fratellanza, ci invitano alla pace».
L’esposizione dedicata a Pivatelli fa parte di un progetto più ampio di valorizzazione e promozione della cultura e della storia locale, un percorso che va avanti, ormai, da quindici anni grazie alla collaborazione nella gestione dell’Ossario tra il Comune di Sommacampagna e la cooperativa I Piosi e l’associazione culturale Créa. 
«Questa iniziativa è segno che il programma che è stato pensato qualche anno fa, con lo scopo di far riscoprire la storia di cui il nostro territorio è stato teatro, sta funzionando e sta prendendo sempre più piede – commenta il sindaco Fabrizio Bertolaso –. Don Gaetano Pivatelli è una figura centrale, un prete di un paese di campagna che ha saputo vivere la sua epoca e lasciare un segno tangibile nella memoria del nostro territorio. Eppure in molti non lo conoscono ed è un vero peccato perché don Pivatelli, attraverso la costruzione dell’Ossario, ha contribuito a mantenere vivo il ricordo dei fatti avvenuti su queste colline. «La mostra, quindi, è davvero un arricchimento per questo luogo», aggiunge Erika Venturelli, assessora alla Cultura. 
Presente all’inaugurazione anche don Marco Mirandola, vicario parrocchiale di Sommacampagna: «L’esposizione dedicata proprio a don Pivatelli ci ricorda e, soprattutto, ci invita a prendere esempio da lui, affinché possiamo anche noi essere strumenti di dignità, pace e unità». È possibile visitare la mostra fino a dicembre nei giorni di apertura (fino al 25 ottobre tutti i giorni tranne il lunedì e la mattina del martedì), con il biglietto d’ingresso per la visita all’Ossario e all’esposizione. Per ulteriori informazioni: scrivere a info@ossariocustoza.it (o, negli orari di apertura, telefonare al numero 346.9652147); consultare il sito www.ossariocustoza.it.

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