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I 100 anni del monumento che mobilitò il paese

di ROBERTA BRUNELLI
Dedicato ai Caduti della Grande Guerra, è stato rievocato ora a Velo Veronese

 

I 100 anni del monumento che mobilitò il paese

di ROBERTA BRUNELLI

Un’immensa folla, il 18 giugno di cento anni fa, festeggiò nella piazza di Velo Veronese il monumento lì eretto in memoria dei Caduti della Grande Guerra.Di questo evento, per il piccolo paese della Lessinia, esiste una fotografia in bianco e nero: con il parroco e tante autorità presenti, che avevano raggiunto la montagna per presenziare alla cerimonia. Ed erano in prima linea, circondati dall’abbraccio di numerosi cittadini. 

Fermo immagine di un secolo fa
Proprio da questo fermo immagine, che il cittadino di Velo Luigino Anderloni custodiva nel fondo di un cassetto, è nata ai consiglieri comunali Riccardo Tezza e Federico Pomari, con il presidente della Pro loco Dennis Gaole, l’idea di organizzare dal 17 al 19 giugno tre giorni di eventi per celebrare il centenario dell’opera monumentale. In particolare, la rievocazione storica di quell’emozionante cerimonia: la Messa presieduta da don Giuseppe Brunetto, il discorso del sindaco Mario Varalta, gli alpini di oggi assieme alle Penne nere e alle crocerossine del Gruppo Sesto alpini Battaglione Verona nelle loro divise storiche schierati attorno al monumento che spicca al centro in piazza della Vittoria. Assieme alle numerose realtà del territorio coinvolte: dalla Protezione civile di Tregnago alla sezione locale di Fidas Verona, dalla parrocchia alle associazioni Le Falìe e Curatorium Cimbricum Veronense; da remoto, la pagina Facebook Velo Veronese sempre aggiornata sulle iniziative che riguardano la località.
«Cento anni fa si inaugurava questo monumento che la comunità di Velo, molto povera e provata dalla guerra, ha voluto collocare nel cuore del paese, ad eterna memoria di tutti coloro che hanno dato la vita per la patria durante la Prima Guerra mondiale», ha esordito il primo cittadino, non nascondendo la forte emozione. «Anziché costruire armi, vorrei che i governanti pensassero a una maggiore giustizia sociale e alle migliaia di persone che soffrono nel mondo», ha proseguito Varalta. Con un auspicio e al tempo stesso una preghiera nel ricordo delle tante vittime dei conflitti e per la pace. Pace che è stata invocata anche nella suggestiva fiaccolata notturna, promossa sabato sera dagli alpini di Velo, che ha ulteriormente illuminato i ricordi.
L’angelo emblema di audacia bellica
Per ricordare la giornata, sulle due ogive dei proiettili di artiglieria presenti sul monumento in corrispondenza delle liste dei Caduti sono state collocate delle spolette commemorative dorate in bronzo, con incise le date del centenario. Costruito in poco più di due anni, il manufatto è in marmo rosso Verona, con decorazioni in marmo di Carrara. A forma di colonna onoraria, presenta un insieme di basamenti e gradoni rivolti a un piedistallo centrale, che sorregge una colonna sulla cui sommità spicca con un’aquila bronzea. Emblema dell’audacia bellica è la scultura dell’angelo, con ali voluminose e occhi grandi, lineamenti aggraziati ma insieme una tensione verso angosciosi smarrimenti: regge con entrambe le mani una spada bronzea e al collo ha appesa una corona di fiori, simboli delle battaglie combattute vittoriosamente e del martirio dei soldati. Opera dell’artista Eugenio Prati, fu realizzata insieme al fratello Celeste, in collaborazione con Pighi presso l’azienda di marmi artistici specializzata in arte funeraria situata presso località Tombetta a Verona. Soggetto che raramente compare nei monumenti ai Caduti del periodo e rappresenta quindi un unicum nel panorama artistico monumentale celebrativo della Grande Guerra.
Un’opera che fu voluta dalla comunità
“È dovere di tutti concorrere con nobile slancio con oblazione ed offerte per l’erigendo monumento dei caduti per la Patria”, si legge in una delibera consiliare del 1921. Seguì, nell’ottobre del 1920, la nascita del Comitato per la costruzione dell’opera monumentale, presieduto da Celeste Corradi. Impresa alla quale ogni famiglia contribuì, offrendo quello che poteva: chi denaro, chi invece forza lavoro oppure materie prime. Le pietre in marmo rosso Verona sarebbero state estratte dai paesani nella cava detta “Busa delle Laste”, situata in contrada Laste di Velo, da cui si attinse ad esempio per innalzare il campanile.
Ogni abitante partecipò alla causa. Tra questi “Nibe Pistòr”, Annibale Bonomi, il fornaio del paese che, accompagnato dal suo terzogenito Sergio Arcangelo, fu incaricato di trasportare la statua dell’angelo dalla bottega degli scultori fin sui monti. Partirono di buon mattino, con un carro trainato da cavalli accuratamente predisposto. Percorsero la strada della “Pissaròta”, sul fondo del Vajo di Squaranto: all’epoca l’unica via agevole per tale trasporto e uno tra i pochi percorsi d’accesso per la città di Verona, dove giunsero dopo un giorno e mezzo di viaggio. La pesante opera venne caricata, con non poche difficoltà, in una cassa in legno, che si racconta fu imbottita di paglia per evitare che le vibrazioni e i colpi del mezzo in movimento la danneggiassero. Il trasporto si rivelò fin da subito non facile: il peso della statua di oltre ventidue quintali rese il rientro ricco di ostacoli e molto impervio. Nella piazza del paese, i lavoratori ormai preoccupati li attendevano con ansia e appena i due arrivarono gli uomini si congratularono e festeggiarono per la riuscita dell’impresa. Con altrettanta fatica scaricarono il mezzo e riuscirono a collocare l’angelo sul basamento del monumento, laddove ancora adesso è visibile. 

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