Arianna dice "sì", ma prima passa a salutare le amiche della casa di riposo
di ADRIANA VALLISARI
Una fisioterapista in abito da sposa ha voluto salutare le ospiti della Fondazione Gobetti
di ADRIANA VALLISARI
Si sono sedute sotto il porticato, in attesa. Hanno iniziato a scalpitare, perché la visita che aspettavano tardava un po’ ad arrivare. Ma si sa, le spose hanno sempre un po’ di ritardo... Poi, finalmente, è entrata nel vialetto un’auto d’epoca ornata a festa: eccola la “loro” Arianna, bella come un raggio di sole. Le nonne della Fondazione Gobetti l’hanno accolta con sorrisi, applausi e felicitazioni, quasi fosse stata la loro nipote a convolare a nozze.
«È un sentimento reciproco, perché anche io le chiamo “le mie nonnine”, affettuosamente». Sono passati due mesi da quel primo giugno, quando Arianna Montagnoli, fisioterapista trentunenne della residenza per anziani di San Pietro di Morubio, ha fatto una piccola deviazione prima di pronunciare il “sì” davanti al suo futuro marito, il quarantenne Marco Rossi.
«Erano mesi che condividevo i preparativi per il grande giorno con le nonne della Gobetti, realtà in cui lavoro da sette anni – racconta la sposa novella –. Tutti gli invitati erano all’oscuro dei dettagli, invece a loro avevo mostrato persino le foto delle prove dell’abito... Non potevo non passare a trovarle, anche solo per pochi minuti! Nel vederle mi sono gonfiata di gioia: avevo chiesto al- le colleghe educatrici di farle sedere all’aperto e lì le ho trovate, contentissime; per- sino una di loro, che quel giorno stava poco bene, ha insistito per farsi alzare: è venuta in giardino a vedermi e poi è ritornata a letto, non voleva mancare».
Le reazioni entusiaste nel vederla con l’abito bianco, anziché con mascherina e divisa, sono state immortalate nelle foto che vedete qui sopra e pure in un video, che Arianna mostrerà loro appena sarà pronto. «È stata una giornata meravigliosa: mio marito era più agitato, io invece ho riso tutto il giorno – ricorda –. Siamo fidanzati da 9 anni; ci dovevamo sposare un anno fa, ma abbiamo rimandato la cerimonia perché i contagi da Covid erano ancora alti e non ce la siamo sentita di mettere a rischio questo giorno».
Il primo giugno, invece, è filato tutto liscio e la novantina di invitati ha vissuto una giornata da incorniciare nella trecentesca Villa Ormaneto di Cerea, antica dimora di caccia degli Scaligeri, che oggi ospita eventi e matrimoni. «Molto toccante è stata la cerimonia religiosa, celebrata dal parroco di Asparetto, don Gianfranco Milanese – prosegue –. Al termine ha invitato davanti all’altare tutti i bambini presenti e ha chiamato mio nonno Bertino, 91 anni, e mia nonna Adua, 85, per ricordare il valore della famiglia, che comincia coi bambini e finisce con gli anziani». Marco, lo sposo, di nonni non ne ha più; la sposa, invece, gli altri due li ha persi non da molto, perciò quando gli amici hanno proiettato un video che mostrava anche loro due, una lacrima le è sfuggita.
Tuttavia, di nonne adottive, col suo lavoro, Arianna ne ha guadagnate molte. «Con la pandemia e i rapporti coi familiari più diradati, a causa del virus, è stato naturale condividere di più la quotidianità con le ospiti – dice –. Io di carattere sono una chiacchierona e a loro parlare con un volto noto fa sempre piacere».
Rientrata da un viaggio a Parigi, la coppia è andata a vivere a San Vito di Cerea e ha già ripreso il lavoro, dopo il congedo matrimoniale. «Siamo tornati alla routine quotidiana, ma con la fede al dito», conclude Montagnoli, ripercorrendo l’ultimo faticoso biennio. «Lavorare da due anni e mezzo coi dispositivi di protezione sempre addosso è un sacrificio, però noi operatori lo facciamo volentieri per preservare l’incolumità delle persone che assistiamo, che sono fragili – spiega –. A livello psicologico, in alcuni momenti ci siamo sentiti abbattuti, ma in molti altri la pandemia ci ha spronato a ideare delle attività innovative per garantire agli ospiti un buon tenore di vita e per sopperire all’assenza dei parenti». Sempre insieme, come in un matrimonio: nella buona e nella cattiva sorte.
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