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«Mia figlia Amanda, un vero miracolo»

Grazie all'intercessione del beato Paolo VI la "gravidanza impossibile" di Vanna Pironato ha avuto un esito felice. E proprio in virtù di questo miracolo papa Montini diventerà presto santo.

«Mia figlia Amanda, un vero miracolo»

Papa Paolo VI sarà presto santo. La canonizzazione avverrà una domenica di ottobre in piazza San Pietro in Vaticano. La notizia era nell’aria da qualche mese, ma l’ufficialità si è avuta martedì 6 marzo quando papa Francesco, ricevendo in udienza il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha autorizzato il dicastero a promulgare alcuni decreti, tra i quali quello relativo al miracolo attribuito all’intercessione del beato Giovanni Battista Montini, nato a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897 e morto nella residenza pontificia di Castel Gandolfo (Roma) il 6 agosto 1978. Il miracolo ha riguardato la gravidanza che in modo scientificamente inspiegabile ha portato alla nascita di Amanda Maria Paola Tagliaferro, avvenuta alle 6.58 del 25 dicembre 2014 al Policlinico di Borgo Roma a Verona. Amanda oggi è una bellissima bambina di tre anni che con i suoi famigliari vive a Villa Bartolomea e gode di ottima salute. Abbiamo intervistato la mamma, Vanna Pironato, 40 anni, infermiera all’ospedale “Mater Salutis” di Legnago.
– In famiglia come avete accolto la notizia della canonizzazione di Paolo VI?
«Per noi è una grande festa. Io ho sempre pensato che mia figlia fosse un miracolo, il fatto che ora me lo dica la Chiesa me ne dà conferma».
– Una gravidanza molto complessa, quella che ha portato alla nascita di sua figlia...
«Ho rotto le membrane dopo 13 settimane dal concepimento in conseguenza di un’indagine prenatale, la villocentesi. Da lì è iniziato un calvario durato altre 13 settimane. Al dolore fisico frutto del travaglio costante e della perdita continua di liquido amniotico e sangue, si associava la sofferenza psicologica perché i numerosi medici specialisti consultati in tutta Italia non mi avevano dato alcuna speranza».
– C’è stato chi le ha consigliato l’aborto?
«Qualcuno in modo diretto, qualche altro velatamente. Ricordo che piangevo e dicevo che non sarei riuscita a farlo, perché per me era inconcepibile anche solo il pensiero di poter essere colei che provocava la morte della creatura che portavo in grembo. Peraltro, secondo le prime previsioni dei medici, il feto stesso non sarebbe sopravvissuto. Nella migliore delle ipotesi formulate, si disse che la vita del neonato sarebbe durata solo pochi minuti o comunque che avrebbe dovuto essere intubato e avrebbe presentato una situazione cerebrale totalmente compromessa».
– In questa gravidanza a dir poco sofferta come è emersa la figura di Paolo VI?
«Il dott. Paolo Martinelli, ginecologo al “Mater Salutis” dove lavoro, mi suggerì di pregare Paolo VI, che era stato beatificato da papa Francesco pochi giorni prima, il 19 ottobre 2014. Dopo un incontro con alcuni esperti al Policlinico di Borgo Roma dove ero andata molto speranzosa ma dal quale ero uscita senza alcuna prospettiva, con mio marito decidemmo di andare a pregare al santuario di Santa Maria delle Grazie a Brescia (luogo al quale Montini era molto devoto e dove aveva celebrato la sua prima Messa, ndr). Io Paolo VI non sapevo nemmeno chi fosse e non avevo fatto ricerche su internet. Comunque con mio marito ci recammo a Brescia il 29 ottobre e davanti alla sua statua di bronzo gli chiesi in modo disperato di aiutarmi. In chiesa sul banco avevamo trovato la preghiera per chiedere la grazia per sua intercessione e con mio marito Alberto, tenendoci per mano – forse per la prima volta nel modo più sincero della nostra vita – abbiamo recitato quella preghiera».
– Da quel momento cosa è cambiato?
«Beh, adesso preghiamo sempre, anche prima dei pasti. Quindi il nostro è stato anche un cammino di conversione personale verso una fede più autentica. Quanto alla gravidanza, continuò come prima, con uguali sofferenze. Consultai qualche altro esperto al Policlinico Gemelli a Roma, quindi mi recai a Monza dalla prof. Patrizia Vergani e lì per la prima volta mi sentii in mani sicure perché il suo reparto di Ginecologia è specializzato, studia le membrane rotte, si effettuano le amnioinfusioni. Io ne feci due, ma la seconda non andò bene e anche la dottoressa si arrese. Ricordo le sue parole: “Sarà un disegno divino”».
– Intanto il feto continuava a crescere?
«Sì, cresceva ma non si riusciva a stimare quanto, visto che senza il liquido amniotico non era possibile valutare l’esito delle ecografie, se non comprendere che il feto era vivo. Sembrava dovesse nascere a 23 settimane. Venni ricoverata a Borgo Roma dove costatarono che, oltre al liquido amniotico, perdevo il meconio. Questo è stato l’apice delle notizie negative. Anche da questo mi ripresi, la bambina non nacque – se ciò fosse avvenuto, la neonatologa mi disse che avrebbero dato solo “cure compassionevoli” – e me ne tornai a casa, con la mia bambina in grembo e le mie perdite».
– Finché arrivò il giorno di Natale...
«La notte della vigilia di Natale, per la precisione. Alle 22 stavo particolarmente male, la tavola era imbandita, i regalini per Alberto e Riccardo (l’altro figlio che oggi ha sei anni, ndr) al loro posto, ma rimasero lì fino al 26 dicembre. Andai a letto, chiesi a mio fratello di venire a prendersi Riccardo e alle 3 con mio marito partimmo per Borgo Roma, ospedale dotato della Patologia neonatale. Per strada ci fermammo sei volte: ero in fase di travaglio, non riuscivo a stare seduta né coricata. Al pronto soccorso ostetrico quando l’ostetrica sentì la mia storia, cominciò a sbiancare, comprendendo che non era un caso semplice. Cercarono di fermare le contrazioni con dei farmaci, ma ormai il parto era avviato. Io volevo un cesareo e desideravo essere addormentata. Mi dissero invece che mi avrebbero evitato un taglio, che ormai avevo fatto tutto quanto dovevo fare e che per la bambina non ci sarebbero state speranze. Mio marito a un certo punto disse una frase per la quale gli sarò grata per sempre: “Ma non chiamate il pediatra?”. Non era nelle previsioni, l’avevano data per morta. La ginecologa citofonò e disse al pediatra: “Vieni pure giù da solo (senza l’équipe infermieristica, ndr), perché tanto...”. Arrivò il dott. Simone Rugolotto, attuale primario a Trecenta (Rovigo). Fuori c’erano mio marito e il neonatologo, davanti al presepe: secondo me pregavano entrambi. Il pediatra finché stavo partorendo chiese alla ginecologa se il battito era presente e lei rispose: “Sì... mah...” e scosse la testa... Lui si precipitò e chiamò l’infermiera. Amanda nacque così alla ventiseiesima settimana e quattro giorni, alle 6.58, in modo podalico, pesava 865 grammi, ma non vi fu alcuna manifestazione di gioia. Venne intubata, chiesero a mio marito il nome della bimba: pensavo servisse a compilare il certificato di morte».
– Amanda quanto tempo rimase in ospedale?
«Ebbe tutte le cure mediche necessarie utilizzate per i bambini estremamente prematuri e me la portai a casa l’11 aprile 2015. Non sono stati mesi facili neppure quelli trascorsi in terapia intensiva. Passati i primi sette giorni necessari per la sopravvivenza, Amanda non manifestò nessuna delle complicanze tipiche dei neonati prematuri. Venne battezzata il 19 settembre 2015 esattamente un anno dopo le terribili parole: “Signora questo è un aborto”».
– Dalla nascita di Amanda come si è passati al processo sul miracolo avvenuto per intercessione del beato Paolo VI?
«Un’amica conosceva un giornalista de L’Arena al quale raccontai la storia che venne pubblicata il 3 gennaio 2016. Nelle ultime righe volli ringraziare Paolo VI perché sapevo che aveva interceduto per mia figlia (del resto, l’ho pregato tutti i giorni). La Curia di Brescia, nella persona di don Antonio Lanzoni, vicepostulatore della causa di canonizzazione di papa Montini (il postulatore è il redentorista padre Antonio Marrazzo, ndr), lesse l’articolo e mi chiamò dicendomi che valeva la pena indagare sull’accaduto. Andai a Brescia tre volte, portai le cartelle cliniche e prese avvio il processo che si è svolto a Verona nel marzo 2017».
– È tornata ancora al santuario delle Grazie?
«Sì, con tutta la mia famiglia. Siamo andati anche a Concesio, in forma riservata e anonima».
– Andrete a Roma a ottobre per il rito di canonizzazione?
«Penso di sì, ma da qui a ottobre c’è ancora tanto tempo».
– Amanda e Riccardo sono consapevoli di quanto avvenuto?
«La bambina è troppo piccola. Le racconterò certamente la sua storia quando sarà il momento. Riccardo invece ha capito, ovviamente per quanto è comprensibile per la sua età. E poi lui con sua sorella…».
– E una mamma miracolata come si sente?
«Eh, eh (sorride) mi sento “strana”, comunque parte di qualcosa più grande di me».

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