Il vento di Brenzone che ha portato don Matteo dentro la vocazione
di LUCA PASSARINI
È l'attuale parroco nell’unità pastorale di San Martino Buon Albergo
di LUCA PASSARINI
Serenità. Questo lo stato d’animo che vive e testimonia don Matteo Simonelli, 37 anni, parroco dell’unità pastorale San Martino Buon Albergo, che ammette essere «una realtà completamente diversa da quella di Brenzone nella quale sono nato e cresciuto». Insieme al moderatore don Francesco Grazian, al curato don Paolo Cagnazzo e ad alcuni preti collaboratori, infatti, guida le parrocchie di San Martino Vescovo, Cristo Risorto, Marcellise, Mambrotta, Ferrazze. Una distanza di chilometri, una differenza di dimensioni, una diversità di modi che non sono però un ostacolo, ma uno stimolo e un arricchimento. Don Matteo spiega: «Per l’attività di ristoratori dei miei genitori, ho sempre vissuto a contatto con la gente, immerso nella varietà di lingue e stili, dentro un mondo per vocazione aperto a livello culturale». Proprio in famiglia ha respirato fin da piccolo la fede, soprattutto grazie alla testimonianza di preghiera dei nonni e all’esempio di carità e attenzione a tutti (anche agli ultimi) di mamma e papà, per i quali «almeno un bicchiere d’acqua si può offrire a chiunque».
Ha frequentato fin da bambino l’ambiente parrocchiale, dove ha vissuto l’iniziazione cristiana e anche tutte le diverse esperienze: in una parrocchia piccola, è normale ritrovarsi sotto il campanile – e in questo caso anche al campetto poco distante dal lago – per giocare, per stare con gli amici, per sperimentarsi nelle prime esperienze di servizio. Ricorda: «Ho vissuto relazioni schiette e vere, ho iniziato a fare il chierichetto e ad un certo punto c’è stata la possibilità e la necessità di darsi ancor più da fare, come organista nelle celebrazioni e successivamente anche come custode della chiesa, quando ha cominciato a non esserci più il parroco residente». Questo legame con la comunità e con i momenti liturgici è stato sostegno importante pure durante il periodo dell’adolescenza, in qualche maniera anche come baluardo rispetto all’usuale messa in crisi di valori e istituzioni. «In quegli anni – sottolinea – tra la normale fatica dell’età e le tante ore di lavoro, era meno scontato e facile frequentare la parrocchia, ma ho sempre custodito una vita di fede. Importante per me poi è stata la testimonianza e il legame con don Danilo Rudi, morto nel settembre 2019». Dopo la maturità, ha vissuto l’esperienza del servizio civile presso la casa di riposo e l’istituto scolastico delle Piccole Suore della Sacra Famiglia. Ricorda: «È stata l’occasione di entrare in contatto con le fatiche, i problemi di apprendimento, la sofferenza; da questo impatto forte sono scaturite dentro di me alcune importanti domande esistenziali e ho cercato di vedere se davvero il Vangelo avesse risposte per questo». Simonelli ha potuto così sperimentare la fedeltà e la luce della Parola di Dio, soprattutto a partire da un versetto: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Continua don Matteo: «Ho così intuito che non esistono persone di serie A e persone di serie B, ma che tutti siamo figli di Dio. Inoltre, ho gustato la bellezza di fare della propria vita un dono per gli altri». Su questa spinta, ecco alcuni passi importanti nel cammino di fede, la riscoperta della preghiera, alcune scelte di vita e l’inizio del cammino di discernimento vocazionale, sempre appoggiato anche dai genitori, contenti della sua scelta, laddove altri avrebbero potuto portare rimostranze dato che si tratta di un figlio unico e su cui puntare per portare avanti un’attività già avviata.
«I primi anni in Seminario – racconta – sono stati un mettere in discussione la propria vita, una esperienza profonda di sé, un conoscere meglio sé stessi e una costante crescita nel rapporto con gli altri, soprattutto nel dono e nella sfida della vita di comunità». L’esperienza, negli anni di formazione, in parrocchie diverse da quella di origine – in particolare Valgatara da seminarista e Garda da diacono – gli hanno fatto scoprire e gustare la varietà: cogliere tutto con grande fiducia in Dio e negli altri, oltre che confermare come «il servizio e il dono al prossimo mi rendeva realizzato come persona». Dopo l’ordinazione presbiterale nel 2014, con la prima nomina nella parrocchia di San Massimo, sperimenta che la bellezza non è solo nell’atto di donare, ma ogni situazione è occasione di crescita reciproca: «In questi anni da prete sono stato costantemente arricchito dalle relazioni che ho vissuto; ho imparato da catechisti e ragazzi, adulti e ammalati, giovani e anziani, oltre che dai confratelli a cui sono davvero molto grato per quanto mi hanno donato».
Le strade e gli imprevisti della vita hanno visto don Matteo cambiare parrocchia e diventare parroco nell’autunno 2019 e – pochi mesi dopo – ecco la pandemia. Racconta: «Una situazione inedita e complessa, ma che mi ha fatto gustare da una parte la fraternità presbiterale, condividendo la quotidianità e il ministero con preti di età ed esperienze diverse; dall’altra la paternità, nella preghiera di intercessione per le comunità, nell’attenzione alle relazioni per costruire e custodire la vicinanza (spesso con persone che avevo da poco conosciuto), nello svolgere varie incombenze, molte delle quali inaspettate». Pure in questi mesi emerge la sua proverbiale serenità, che non è però l’atteggiamento dello struzzo che non vuole vedere o di chi non si vuole lasciare coinvolgere. Spiega don Matteo: «Dalla preghiera accolgo una grande pace interiore e l’intuizione che è il Signore che porta avanti la Storia, mentre noi siamo collaboratori. Questo mi aiuta anche quando emergono conflitti nelle relazioni e complicazioni nella gestione, e quindi sembra umanamente difficile trovare una soluzione immediata». Se la zona di Brenzone è famosa in tutto il mondo per i venti e le onde sul lago, spesso difficili da cavalcare e pericolose per chi si improvvisa senza paura ma anche senza preparazione, è bello scoprire un suo figlio che – come il Maestro di cui si fida – sa trovare e portare pace pure quando c’è burrasca.
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