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Il sacerdote della pace che ama mandarla in onda

di PAOLO FIESOLE

Mons. Todeschini: non smettiamo di alimentarla ogni giorno

Parole chiave: Mons. Guido Todeschini (2), Radio Telepace (3)
Il sacerdote della pace che ama mandarla in onda

di PAOLO FIESOLE

«La pace va curata. Se noi non curiamo la pace, ci sarà la guerra, piccole guerre, grandi guerre». Così si è espresso con forza papa Francesco in “Arena di Pace” lo scorso 18 maggio. Una giornata, quella della visita a Verona, che ha visto risuonare spesso la parola pace, rilanciata in tutto il mondo attraverso televisioni, radio, social, giornali cartacei, siti. A un mese di distanza, il rischio è che quella parola sia passata di moda; e termini come guerra, violenza, vendetta abbiano il sopravvento.

Di comunicazione e pace abbiamo parlato con mons. Guido Todeschini, che a questa parola ha dedicato opere preziose, come Radiopace e Telepace. «San Giovanni Paolo II nell’incontro per il 25° anniversario di fondazione, il 22 marzo 2003, ci ha ricordato che il nostro obiettivo deve essere quello del portare la pace, che è dono di Dio e costante conquista degli uomini».

Lo stesso Pontefice, grande sostenitore di questa realtà, nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 1983 diceva che la comunicazione e l’informazione possono essere efficaci per costruire e diffondere la pace o, viceversa, per aggravare ingiustizie, tensioni e violazione dei diritti umani. Sottolinea don Todeschini, che lo ha accompagnato in decine di viaggi in tutto il mondo e portato nelle case di milioni di persone: «Da uomo attento alla comunicazione, aveva capito l’importanza che la gente partecipasse alle sue parole e ai suoi gesti di pace. Ne ha fatti davvero tanti e credo che tutti ne abbiamo a memoria ancora alcuni, anche proprio grazie alla trasmissione via radio e via televisione».

Fu proprio Giovanni Paolo II, nell’estate del 1990, a chiedere a don Guido di aprire Telepace Roma, portando con sé il carisma e l’esperienza di una realtà nata nel 1977, anche quella volta d’estate. «La prima intuizione – ricorda – fu di tenere unite le famiglie, che avevano i ragazzi che frequentavano i campiscuola estivi a Casa gioiosa, a Cerna. Siamo partiti con loro da un piccolo trasmettitore per radio e siamo arrivati ai luoghi più remoti della Terra anche attraverso il satellite. Sempre con il desiderio di portare ovunque il messaggio di pace della Chiesa e di dare voce alle persone che abitualmente non hanno modo di far sentire le proprie ragioni».

Unito a questo, tante azioni concrete, come sottolinea ancora il fondatore: «Per noi si tratta prima di tutto di una vera e propria esperienza di fede fondata sulla preghiera e che ha due ali, come la colomba che è nostro simbolo: una è l’evangelizzazione e l’altra è la carità. Fa parte della nostra storia e del nostro carisma non dimenticarci dei poveri e di farci strumento e mezzo per far arrivare loro i soldi necessari. Tantissime sono le esperienze in questi decenni in cui abbiamo contribuito a portare un po’ di pace e di giustizia».

Solidarietà e provvidenza, con quest’ultima che è colonna fondamentale di questa esperienza: «Abbiamo scelto da sempre di non fare pubblicità e ci affidiamo alla Provvidenza, che tante volte in questi decenni ha dimostrato la sua fedeltà. Merito di persone come padre Guglielmo Gattiani, da poco proclamato venerabile, ma anche di migliaia di persone silenziose e anonime».

Le tante telefonate e lettere che arrivano alle trasmissioni in diretta con don Guido ne sono ancora oggi la prova. Nel 2024, in cui si festeggiano i 100 anni della radio e i 70 anni della televisione, mezzi che oggi sono considerati tradizionali, Radiopace e Telepace continuano, con uno sguardo ai social, ma sempre fedeli alla loro identità.

«C’è preoccupazione – sussurra Todeschini – perché tutte le radio e le televisioni oggi devono fare i conti con meno persone che le seguono e soprattutto con costi sempre più importanti. La tecnologia porta spese davvero grandi e c’è bisogno che ci siano ancora tante persone che ci aiutano a pagarle».

La crisi di tante realtà, pure commerciali, del settore lo confermano. Auguriamo buon cammino a questa esperienza storica e bella del nostro territorio, che sta provando a rispondere alla situazione con nuove iniziative e scelte. «Siamo la Tv del Papa, alcuni ci dicono – conclude don Guido – ma ancora di più della gente, perché siamo per loro ed esistiamo grazie a loro».

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