Il card. Zenari: «In Siria è disastro»
di NICOLA SALVAGNIN
Veronese, è da 14 anni nunzio apostolico in un Paese martoriato
di NICOLA SALVAGNIN
Il card. Mario Zenari, veronese e da 14 anni nunzio apostolico in Siria, sta chiudendo le valigie: torna, dopo un breve periodo di riposo nella sua Villafranca, a Damasco, «dove ho appena passato il Natale più duro e difficile da quando sono in quel Paese martoriato», confessa con un filo di voce cupo e quasi incrinato dalla commozione.
«Oggi la situazione è più difficile di quando cadevano le bombe – racconta –. Manca tutto: dai medicinali al gasolio, buona parte della popolazione si accontenta di un paio di ore di elettricità al giorno. Una guerra che dura dal 2011 ha provocato più di mezzo milione di vittime, delle quali 20mila erano bambini. Ci sono oltre 13 milioni di sfollati dalle proprie case, metà dei quali hanno varcato il confine. I giovani, soprattutto i più qualificati, se ne vanno all’estero a cercare fortuna. La mia Siria assomiglia ogni giorno di più a un gigantesco cimitero». Nel silenzio generale, ormai, dico io.
«Già, da almeno tre anni non ne parla più nessuno. La pandemia, la crisi, le altre guerre... e così siamo sprofondati nell’oblio. In più, la complessa situazione mondiale si sta riflettendo su quel Paese, dove purtroppo convergono le “attenzioni” di molte potenze straniere, sulla pelle dei siriani. La soluzione di questa spaventosa crisi è solo politica, ma si allontana ogni giorno di più».
Almeno parliamone... «Fatelo, non dimenticateci! Ogni volta che torno in Italia ricevo la solidarietà di tante persone, l’aiuto materiale che possono darmi... Ma è una goccia rispetto all’immensità dei bisogni che oggi hanno i siriani. Ci vorrebbero miliardi di euro per ricostruire il Paese, invece manca pure il gas per cucinare un pasto... Ma me l’aspettavo, questo oblio. Dopo un po’, le disgrazie degli altri stancano. Figuriamoci poi una guerra che si trascina da oltre un decennio». Il card. Zenari come sempre ha riferito in Vaticano, laddove nessuno si è dimenticato di questa piaga e delle possibilità di sanarla; come sempre, da 14 anni, prenderà l’aereo che lo riporterà a Damasco: «Ho visto morire la gente, adesso vedo morire la speranza».
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