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Don Manuel, l’Hobbit sulla strada di Gesù

di LUCA PASSARINI
Una vocazione precoce per l’attuale parroco di Casaleone 

Don Manuel, l’Hobbit sulla strada di Gesù

di LUCA PASSARINI
“In te c’è più di quanto tu non sappia” dice Thorin Scudodiquercia a Bilbo Baggins in una delle frasi più celebri e identificative de Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien (1892-1973). Chissà quante volte l’avrà letta e ripensata don Manuel Magalini, 35 anni, grande appassionato di fantasy e di colui che è considerato uno dei padri di questo genere, oltre che grande testimone della fede cattolica.
«Mi è sempre piaciuto leggere – ci racconta – e in quinta elementare ho letto per la prima volta Il Signore degli anelli. Per il resto la mia vita di ragazzo è stata molto normale. Vengo da una tipica famiglia veneta, con una tradizionale fede cattolica. Mio nonno materno faceva parte dell’Azione cattolica, il prozio di mio papà era sacrestano. I miei genitori hanno sempre frequentato la parrocchia di Pradelle di Nogarole, nella normalità».
Già da bambino Manuel desidera e prova a vivere una relazione forte con il Signore e ricorda un momento particolare: «Avevo otto anni e l’allora vescovo Attilio Nicora fece un appello vocazionale davanti ai chierichetti che si erano radunati per un convegno diocesano. Interiormente ho risposto subito “sì”, anche se poi ho provato in qualche modo a dimenticarmelo o far finta di niente». In prima media il parroco gli propose di vivere gli incontri vocazionali diocesani chiamati “Samuel” e l’estate successiva visse il campo-scuola a Breonio con i seminaristi suoi coetanei: «La mia scelta di entrare in Seminario minore fu frutto di tante cose, certamente della bellezza di quei giorni ma forse anche della fatica della camminata a Molina dell’ultimo giorno, che mi ha lasciato senza difese quando il vicerettore mi chiese cosa avessi deciso. A parte gli scherzi, in realtà sentivo di aver trovato quello che cercavo allora e che ancora adesso considero fondamentale: una comunità, in cui non si vivono relazioni banali, non ci si accontenta di qualche legame superficiale». Concluso il percorso delle medie, ecco un’altra decisione – ancor più consapevole – da prendere, con la possibilità di scegliere quale indirizzo per le superiori e, con questo, anche se continuare in Seminario: «Come criterio, inizialmente, avevo le materie scolastiche, ma mi accorsi che mi piacevano tutte allo stesso modo. Ad un certo punto mi sono fermato e mi sono chiesto: “Ma qual è la strada che mi fa stare più vicino a Gesù?”. Fu allora facile decidere di proseguire con il Seminario minore».
Durante gli anni della comunità del ginnasio e liceo riconosce che il Signore ha lavorato con forza e fedeltà, nonostante la particolarità di avere una certa stabilità nella figura del padre spirituale (cambiato solo in quinta superiore) e una discontinuità nei vicerettori (con quattro educatori cambiati nei cinque anni). «Dio ha lavorato nella quotidianità – racconta don Magalini – soprattutto nella preghiera dove vivevo un rapporto caldo con Lui, nel clima bello di Chiesa che respiravo dentro e fuori dal Seminario, nella testimonianza di chi condivideva la vita di comunità, in particolare degli assistenti che poi via via diventavano preti. Si è fatto però sentire con forza anche in alcuni momenti specifici, con due esperienze per me decisive concentrate nell’estate tra la quarta e la quinta superiore». Durante la Festa del passaggio organizzata dal Centro di pastorale giovanile, a tutti i ragazzi partecipanti era stata proposta un’attività in cui scrivere le dieci cose più importanti per la propria vita. «Mi accorsi subito – ci spiega don Manuel – che solo io misi il Signore e tra l’altro al primo posto; gli altri nemmeno lo avevano considerato. Mi sono sorte alcune domande e soprattutto un desiderio forte di evangelizzare». L’altro episodio importante durante un campo di Azione cattolica nel quale, come animatore, gli era stato affidato di preparare una ragazza con la sindrome di Down a celebrare il sacramento della confessione: «Proprio lì ho gustato la bellezza dell’essere a servizio e in particolare del mettersi in ascolto delle persone».
Tutto questo lo ha portato a interrogarsi fortemente sulla chiamata al ministero presbiterale, con l’insicurezza di chi fa i conti con i propri limiti e la forza che viene dalla fedeltà e dalla grazia del Signore. «Ha iniziato in quel periodo – continua – a risuonare dentro di me il versetto della lettera di san Paolo ai Corinzi che dice: “Ti basta la mia grazia” e che mi ha accompagnato anche negli anni in Seminario maggiore, dove sono giunte alcune conferme, esperienze forti che mi hanno chiamato a spostarmi da me stesso, occasioni importanti di confronto con altri preti che mi hanno testimoniato la bellezza di questa scelta». Non sono mancate inevitabilmente nemmeno le fatiche, il fare i conti con la propria pochezza, il prendere consapevolezza di tanti passi ancora da fare. «Sono arrivato all’ordinazione presbiterale (11 aprile 2011) certo solo di poter riporre la fiducia nel Signore e di aver da offrire agli altri la mia relazione con Lui». Un versetto biblico in particolare riassumeva il percorso fatto fin lì e apriva orizzonti a ciò che stava per iniziare: “Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta, ripeta: «Vieni!». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita” (Ap 22,17).
Questi primi dieci anni di ministero lo hanno portato a ulteriori passi di crescita; ci confessa: «Sono partito con un bagaglio di idee chiare e distinte che venivano dalla formazione, ma poi ti accorgi immediatamente che hai delle persone davanti e che il Signore ti chiama ad entraci in relazione, ad ascoltarle, a metterti al loro fianco per aiutarle a riconoscere come Lui sta già parlando e operando nella loro vita. Dalla pretesa di convertire si passa ad affrontare insieme un cammino, che ha alla base la libertà e che vede a volte portare le persone a “sì” profondi che evangelizzano anche te». Testimonianze belle le sta accogliendo anche nell’attuale esperienza di parroco di Casaleone, Sustinenza e Venera, per due anni insieme a don Andrea Anselmi, che dal prossimo anno pastorale sarà sostituito da don Riccardo Feltre.

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