All’ombra di san Giuseppe la voglia di una scelta “forte”
di LUCA PASSARINI
Don Mattia Compri, il parroco (di Sanguinetto) più giovane della diocesi
di LUCA PASSARINI
Essere il parroco più giovane della diocesi di Verona. Per qualcuno potrebbe essere un motivo di cui far grande vanto, per altri un peso di responsabilità che schiaccia. Nessuna delle due per don Mattia Compri (33 anni), fondato sul versetto “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” che risuona forte nell’evangelista Giovanni. «La sento da anni – spiega don Mattia – come una parola che mi dona serenità e verità». Le prime volte la riconosceva risposta importante quando si domandava: “Perché lui?”, guardando con ammirazione ad alcuni sacerdoti che aveva conosciuto e soprattutto a Giovanni Paolo II, Papa ormai anziano quando lui era adolescente. Poi la questione si è fatta ancor più profonda quando è diventata: “Perché non io?”. Compri ricorda: «Si è fatta sentire soprattutto tra fine quarta e inizio quinta superiore. Ero un ragazzo molto attivo nello sport (con in bacheca anche un terzo posto nazionale di karate nella mia categoria), nel volontariato, nelle attività parrocchiali (nella nativa Palazzina e nell’adiacente Tomba), con tante relazioni di amicizia, bei voti a scuola e una grande passione per le materie scientifiche, in particolare per la fisica. Quei mesi sono proprio il periodo in cui si è chiamati a fare delle scelte, in cui tutti attorno guardano con attesa alle prime decisioni da protagonista. Un grande ventaglio di possibilità, ma illuminato da una nuova luce: la bellezza e la gratuità dell’essere scelti. «Questo nuovo punto di vista – commenta a distanza di qualche anno don Mattia – mi ha portato a guardare con occhi diversi tutta la mia vita. A rileggere all’insegna del dono tanti momenti, situazioni, persone incontrate nella mia vita, dalle scuole San Giuseppe Baldo alla testimonianza di una prozia, passando per la Giornata mondiale della gioventù di Colonia nel 2005. Sentivo di aver ricevuto tanto e gustavo la bellezza dello spendersi, del farsi dono». E così, dalla fisica si è ritrovato nella metafisica, con le lezioni di filosofia all’Università di Verona frequentate durante l’anno di Casa San Giovanni Battista, la comunità propedeutica del Seminario vescovile, in cui ricorda: «Ci siamo ritrovati in tre, un numero davvero esiguo solo quindici anni fa; c’era addirittura il dubbio se far partire quell’esperienza, che si è rivelata ancora una volta un grande dono». Già qualche mese dopo, per la prima teologia, si sono ritrovati in cinque e all’ordinazione nel 2013 erano otto diocesani più due religiosi. Con la possibilità di vivere da subito quella dimensione della fraternità, del relazionarsi con gli altri, del gustare legami autentici, che sono stati sostegno decisivo anche nella fase del discernimento.
«Fin dall’inizio di questo percorso – ammette don Compri – ho sentito la presenza del Signore e di stare bene nel profondo. Negli anni in Seminario e in questi primi da prete, non sempre facili, sono sempre stato sereno e non sono mai stato schiacciato dall’ansia del fare, dalla paura di non essere all’altezza o dal confronto con chi c’era prima». Anche ora, da giovane parroco di una realtà importante come quella di Sanguinetto, sente la responsabilità, ma la vive nell’ottica della gratuità, rispetto a quello che si accoglie e a quello che si dona: «Non so di preciso cosa significhi essere parroco, ancor di più in questa situazione così particolare, ma ho la figura di parroci incontrati nella vita e da cui prendo spunto». Proprio da loro dice di aver intuito che è questione di modo di porsi, di avere occhi e cuore da pastore, nella certezza che non si tratta di imporsi sulla realtà, ma di ascoltare e di lasciare che il tempo doni ciò che fa crescere. Continua: «Sull’esempio di chi mi ha fatto da guida, mi chiedo spesso qual è il bene di questa gente e come custodire e far crescere la loro fede, nella certezza che non ho tutte le risposte e non devo decidere tutto io, ma si tratta di avere paternità, di confrontarsi con altri, di prendersi cura, pure nelle cose pratiche. Scoprendo in questo modo anche doni e germogli di speranza che mai si sarebbe pensato».
Importante in tutto questo il riferimento a san Giuseppe, rivitalizzato ancor di più dalla lettera apostolica Patris corde e da questo anno speciale a lui dedicato. «Per me significativo e provvidenziale – confida don Mattia Compri – leggere il mio essere prete e parroco oggi alla luce delle parole a lui dedicate da papa Francesco, in particolare riguardo la logica del dono, dell’amare nella libertà, della responsabilità vissuta non come possesso ma come segno che rimanda a Dio». Il falegname di Nazareth diventa in questo modo non solo patrono di tutta la Chiesa, modello di ogni padre umano, ma anche guida per ogni pastore nel suo essere – secondo le indicazioni del Pontefice – padre amato, padre nella tenerezza, padre nell’obbedienza, padre nell’accoglienza, padre dal coraggio creativo, padre lavoratore, padre nell’ombra. «Come indicato da Giuseppe – continua don Mattia – vivere la paternità in famiglia o da preti non è un lavoro, ma una missione, con la certezza per noi che Dio non chiede un livello di produttività, ma di stare con lui e mostrare la bellezza di questa relazione in tutto quello che facciamo». In questo modo, quell’adolescente alle prese con cosa scegliere nella vita e come lasciare un segno (da buon scout invitato a fare del proprio meglio e a lasciare il mondo un po’ migliore di come era), si ritrova ora ad essere testimone di qualcosa di immenso in tutto quello che fa e che vive, dalla liturgia alla catechesi, dalla carità all’evangelizzazione, dai momenti più quotidiani alle richieste inaspettate («da accogliere come occasione e mai come peso o d’altra parte come vanto»), dai momenti di preghiera alle camminate in montagna. «Quei momenti immerso nella natura – racconta – mi aiutano a contemplare la gratuità dell’amore di Dio, a ricordarmi che la vita è più ampia di quello che faccio io e a vivere tempi di autentica e semplice fraternità, importanti soprattutto in questo periodo in cui spesso sono chiamato a vivere e scegliere da solo».
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