Verona, uno straniero su 3 è made in Romania
Gli immigrati da altri Stati residenti nella nostra provincia sono 110mila: più della metà sono donne, mentre i minori tra i banchi di scuola sono 20mila. Lo dice il "Dossier statistico sull'immigrazione"
Verona si conferma la città veneta con più immigrati stranieri residenti. Il loro numero è rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi anni, con una lieve crescita nel 2018 (+4,3%): in tutto 110.029 persone, pari all’11,9% della popolazione dei 98 Comuni scaligeri. Poco più della metà sono donne, provenienti da Romania, Marocco, Sri Lanka e Moldova, le quattro nazionalità più rappresentate. Sono 1.697 quelle che hanno dato alla luce un bambino nel 2018. Arrivano alla gravidanza con un’età media di 29 anni, contro i quasi 33 delle italiane; il loro tasso di fecondità è circa il doppio delle veronesi: 2,25 figli a testa, contro l’1,25 delle locali. Ma nemmeno questo aiuta a frenare la denatalità e a risollevare il bilancio demografico, che anche a Verona riflette la tendenza nazionale.
La presenza straniera, poi, si riflette sul numero di alunni non italiani tra i banchi di scuola: nell’anno scolastico 2017/2018 erano quasi ventimila, pari al 14,8% dell’intera popolazione scolastica. Veronesi di fatto, privi di cittadinanza italiana: il 71,4% di essi è nato qui e in molti casi il Paese d’origine dei genitori non l’hanno mai visto.
Questi sono alcuni dei dati fotografati dal Dossier statistico sull’immigrazione, curato dal Centro studi e ricerche Idos di Roma, presentato alla Casa madre dei missionari comboniani dal Cestim, il Centro studi immigrazione.
«Il primo motivo per cui le persone si spostano è quello economico: la disparità a livello internazionale è la prima spinta – commenta Gloria Albertini, sociologa del Cestim –. Sono poco meno di 71 milioni i migranti forzati a livello globale, quasi la metà sono sfollati interni; una prospettiva importante è data dagli sfollati ambientali, che si spostano per condizioni climatiche avverse: nel 2018 hanno superato quelli per motivi politici (61% contro 39%) e c’è da aspettarsi che in futuro continuino a crescere».
Tenendo lo sguardo sul mondo, sono 20,4 milioni i rifugiati: il nostro Paese, al 31 dicembre scorso, ne aveva accolti 135mila; nei sei mesi seguenti sono calati quasi del 20%, a seguito delle nuove regole stabilite dai due “Decreti sicurezza”. Solo in Veneto sono uscite seimila persone dalle strutture di accoglienza; a Verona, a fine anno, gli accolti erano 2.014. «Alcuni si saranno inseriti, altri spostati, tutti gli altri invece?», s’interrogano i curatori del rapporto. Dopo gli accordi con la Libia pure gli arrivi via mare sono crollati (68.485 nei primi nove mesi del 2019), ma non i morti nel Mediterraneo: 2.299, oltre 25mila dal 2000 a oggi.
Osservando i numeri, l’invasione non c’è. E nemmeno esiste una minaccia islamica, visto che la metà dei 5,2 milioni gli stranieri regolarmente residenti in Italia (pari all’8,7% della popolazione) è cristiana. «Spesso poi gli stranieri ci vengono presentati come un costo per lo Stato; in realtà vi è un bilanciamento tra le entrate in tasse e contributi previdenziali e le uscite per sanità, istruzione e altre voci minori», puntualizza la sociologa.
Gli immigrati sono più presenti nella scuola e nell’età da lavoro, in media sono quindi molto giovani: a Verona, ad esempio, quelli con più di 65 anni sono solo il 4%; un veronese su quattro, invece, è over 65.
A livello regionale, gli occupati stranieri sono l’11,1%, tuttavia il loro inserimento avviene spesso in condizioni di debolezza e frammentarietà, con retribuzioni più basse e tassi di disoccupazione triplicati. Tre su cinque svolgono un lavoro manuale. Circa 50mila, in Veneto, hanno messo in piedi delle imprese, perlopiù individuali, soprattutto nei comparti del commercio e delle costruzioni.
A livello nazionale, gli stranieri contribuiscono al nostro Pil per il 9%. “Ci aiutano a casa nostra e si aiutano a casa loro”, sintetizza il rapporto, citando il boom delle rimesse, cioè i soldi che gli stranieri guadagnano qui e poi inviano nei rispettivi Paesi d’origine, per aiutare i familiari rimasti là. Solo da Verona nel 2018 sono partiti 125 milioni di euro, diretti soprattutto in Bangladesh, Romania, Sri Lanka e Senegal.
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