Una “Nuova Primavera” per chi cerca una casa sicura
di MARTA BICEGO
A San Michele Extra l’accoglienza ha matrice canossiana
di MARTA BICEGO
Due bambini, accompagnati dalla mamma, hanno tagliato il nastro rosso. Sono i primi inquilini della casa di accoglienza che l’Opera famiglia canossiana “Nuova Primavera” ha inaugurato nei giorni scorsi a San Michele Extra, in via Vincenzo Monti. Presto si aggiungeranno altre due madri, con i rispettivi figli, che potranno così avere un luogo sicuro e accogliente da chiamare casa.
Giusto il tempo di assolvere al rito dell’inaugurazione e i piccoli protagonisti hanno affrontato, tutto d’un fiato, le rampe di scale per visitare le stanze: la spaziosa cucina con isola per condividere la preparazione dei pasti; il salotto e un salone con ampio tavolo e una cesta ricolma di giocattoli; cinque confortevoli camere da letto arredate e due bagni di pertinenza. All’esterno, uno scampolo di giardino e un cortile dal quale si intravede il campanile della chiesa.
Nello stesso stabile, che è di proprietà della parrocchia, si trova la scuola primaria, aderente alla Fism, i cui bimbi hanno preparato uno striscione azzurro colorato da parecchie manine, da appendere al balcone, per dare il benvenuto. Assieme a tante parole che arricchiscono ogni ambiente tra le quali amicizia, bellezza, cura e stupore: un monito scritto, per chi lì vive, a renderle concrete nella quotidianità. Altro termine è il «grazie» pronunciato dal presidente dell’Opera, Michele Righetti, nei confronti di quanti hanno reso possibile il progetto: il parroco di San Michele Extra don Piergiorgio Soardo, il consiglio pastorale e il presidente della scuola Davide Benedetti con il comitato genitori; la Diocesi assieme alla Caritas diocesana; i Servizi sociali del Comune di Verona rappresentati dalla dirigente Chiara Bortolomasi e il presidente della settima Circoscrizione, Carlo Pozzerle; le imprese che si sono occupate della sistemazione degli spazi, supportate da volontari manutentori. Non ultima, evidenzia Righetti, «la Fondazione Biondani Ravetta, senza la quale ciò che abbiamo fatto sarebbe stato impossibile. Il contributo dato ha permesso di preparare la casa al meglio, rendendola funzionale ad accogliere tre nuclei mamma-bambino». Il presidente dell’Opera non dimentica di essere riconoscente nei confronti dei tanti benefattori: «Con il loro sostegno ci hanno dato la forza concreta e il coraggio di compiere questo passo». Ad andare alle origini dell’idea è stato don Piergiorgio. Al suo arrivo a San Michele Extra, era il 2015, ha trovato le stanze libere perché appena lasciate dalle suore. «Cercavo di capire come usarle», spiega. Svanita l’occasione di dare ospitalità alle popolazioni ucraine, provvidenziale è stato l’incontro con Righetti. «Siamo partiti – riassume –. E contenti che questo luogo torni a vivere nel modo più bello, collegato alla scuola materna e con attenzione alle mamme e ai bambini».
Un risultato frutto di sinergie. Qualunque cosa si realizza oggi richiede, sottolinea Margherita Forestan in rappresentanza della Fondazione Biondani Ravetta, «un atteggiamento di cura verso chi ha bisogno. Una rete e una casa che sia un luogo in cui ricostruire vite o ricominciare per la prima volta». Filoni etici che esigono un impegno collettivo. Pensiero affine a quello di mons. Gino Zampieri, direttore della Caritas diocesana: «Lavoriamo da tanti anni in rete, perché la valorizzazione dei territori e delle risorse è una ricchezza tante volte sconosciuta». La solidarietà, chiarisce, «si basa sulla buona volontà della gente, sulla professionalità degli operatori, su quello spirito di accoglienza che viene respirato nelle nostre realtà che quanto più sono domestiche tanto più sono accolte e assimilate dalla collettività».
L’appartamento s’inserisce nell’articolato progetto “Abitare”, ricorda Lorenza Bellorio, vicepresidente dell’Opera. «Intende dare a donne sole o donne sole con figli, in una condizione di fragilità, una casa per definire la propria identità personale e il percorso verso l’autonomia». Questo si concretizza attraverso accoglienza, inserimento lavorativo, proposte educative: aspetti possibili, secondo la responsabile dell’area accoglienza, con il coinvolgimento del territorio secondo il modello dell’housing first che prevede di favorire percorsi di benessere a partire dall’assicurare alla persona un tetto sotto il quale abitare. Soltanto così potrà intrecciare relazioni durature e sentirsi parte della società.
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