La spesa “senza” ingredienti
I cibi privi di... spopolano tra gli scaffali, ma rappresentano davvero la scelta migliore? Giornata di spesa, corsia del supermercato. È preferibile infilare nel carrello una confezione di biscotti senza zuccheri aggiunti, come a dire un colpo al cerchio (soddisfare il palato con qualcosa di dolce) e uno alla botte (lo sgarro c’è, ma non è così grave)
Giornata di spesa, corsia del supermercato. È preferibile infilare nel carrello una confezione di biscotti senza zuccheri aggiunti, come a dire un colpo al cerchio (soddisfare il palato con qualcosa di dolce) e uno alla botte (lo sgarro c’è, ma non è così grave). Se sulla confezione delle merendine preferite campeggia in evidenza la scritta “senza olio di palma” è ancora meglio, no? «Ho sentito dire che fa malissimo», suggerisce con tempismo la coscienza, a sua volta imbeccata dalla vicina di casa salutista che analizza le voci delle etichette come se fossero stelline accanto ai valori delle analisi del sangue. Quanto ai cracker, sono da preferire quelli senza lievito: non gonfiano, si digeriscono meglio, non provocano senso di pesantezza. Poi gli acquisti proseguono tra una miriade di cibarie che possono essere prive di conservanti, antibiotici, coloranti; senza grassi idrogenati, additivi, glutine o lattosio. Man mano che si spuntano voci sulla lista, aumentano gli interrogativi davanti alla varietà proposta dagli scaffali. Si tratta di scelte che, veramente, hanno benefici positivi sulla nostra salute? Insomma: vale la pena lasciare che la nostra dieta quotidiana sia condizionata dai “senza”?
In Italia il giro d’affari sfiora i 7 miliardi di euro
Tralasciando le scelte dettate dalle intolleranze, le statistiche rivelano che i cestelli dei consumatori italiani tendono a riempirsi volentieri di questa tipologia di alimenti. È come se importasse più quello di cui un prodotto è privo, piuttosto che la sua effettiva composizione. Com’è ovvio, le aziende si adeguano a colpi di marketing. E i numeri confermano. Nel 2018, secondo una ricerca condotta da Allied Market Research, il mercato mondiale dei cibi free from (vale a dire senza qualche ingrediente) è stato valutato in 90,1 miliardi di dollari; nel 2026 si stima potrà superare i 161 miliardi, con una crescita esponenziale che sfiorerà l’80% dettata dalla convinzione che a tali acquisti si colleghi un maggiore benessere e quindi uno stile di vita salutare.
Anche nel nostro Paese il trend è in crescita, favorito dai mesi di lockdown durante i quali c’è stato modo di ragionare di più sulle liste della spesa e nel momento stesso dell’acquisto (potendo uscire di casa quasi solo per andare al supermercato). L’andamento è stato messo sotto la lente d’ingrandimento dall’Osservatorio Immagino di Gs1 Italy: gli alimenti che comunicano sulla confezione l’assenza di alcune componenti nutrizionali sono 13.153, pari al 18,3% sull’assortimento a disposizione nei supermercati e negli ipermercati; la presenza sulle vendite è pari al 26,6% con un giro d’affari che sfiora i 7 miliardi di euro. Mettendo a confronto il 2019 con il 2018, risulta che tra gli slogan che hanno incrementato maggiormente le vendite ci sono i “senza antibiotici” (+62%), i “senza zuccheri aggiunti” (+9,1%) e i “senza glutammato” (+4,9%). Lo scorso anno si è concluso con delle new entry a campeggiare sugli incarti: i “senza lievito” (+1,9%) e i “non fritto” (+6,1%).
Le abitudini cambiano e le aziende si adeguano
Le abitudini cambiano, sono cambiate e cambieranno ancora. Analizzando il periodo dal 2016 al 2019, per esempio, la scelta nei confronti degli alimenti privi di conservanti e coloranti risulta all’apparenza in lieve flessione (-1,6% e -2,3%) a fronte però di un’adozione ormai piuttosto ampia e consolidata da parte dei nuclei familiari (pari al 34,7% e al 30,6% del totale dei consumatori).
Alcuni slogan oggi funzionano meglio di altri, il mercato ovviamente si adegua, i consumatori continuano a far ricadere le proprie preferenze sui “senza” e poco importa se sono sinonimo di qualità. O se davvero soddisfano il palato. Come regolarsi? Adottando la giusta dose di buonsenso. Con la consapevolezza che il benessere dipende da un corretto stile di vita basato, in generale, su alimentazione equilibrata e attività fisica regolare. Regole, queste ultime, che sarebbero da appuntare per tenerle bene a mente sempre. Dentro e fuori dal supermercato.
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