Emicrania: una patologia femminile e plurale
di MARTA BICEGO
Confusa con un banale mal di testa, è una malattia debilitante
di MARTA BICEGO
Non è un semplice mal di testa, ma una malattia cronica dall’elevato costo umano, sociale, economico. L’emicrania viene spesso banalizzata ed è percepita come male invisibile: appunto un… banale mal di testa. Per mettere a sistema le criticità nella diagnosi e terapia, oltre che per garantire ai pazienti una presa in carico tempestiva ed efficace per migliorare l’appropriatezza delle cure, nei giorni scorsi Fondazione Onda ha presentato in un incontro il documento “Emicrania: una patologia di genere” che racchiude il manifesto “Uniti contro l’emicrania”, realizzato col supporto della Società italiana di Neurologia. Un decalogo che invita a consapevolezza e informazione per facilitare i pazienti, anche con approcci innovativi. Per inquadrare meglio il fenomeno, qualche numero lo fornisce l’Organizzazione mondiale della sanità.
L’emicrania, terza patologia più frequente e disabilitante al mondo, è una malattia neurologica al femminile. Nel nostro Paese ha colpito almeno con un episodio 15 milioni di persone, di cui 11 milioni sono donne: ne soffrono sovente nelle forme severe, rispondono meno ai farmaci e sono più a rischio di complicanze cardiovascolari con tendenza a sviluppare ansia, depressione, insonnia. Vivere con questa patologia impoverisce le relazioni sociali: causa episodi dolorosi che inducono ad isolarsi. Fortunatamente, a luglio 2020, è stata approvata una legge che riconosce la cefalea primaria cronica come malattia sociale: primo passo, a cui deve seguire il monitoraggio dell’attuazione legislativa. E altri progetti, come quelli su cui il manifesto insiste. A partire dal «mettere a sistema le azioni per dare una risposta concreta ai tantissimi pazienti», ha precisato Nicoletta Orthmann, coordinatore medico scientifico di Onda. Quindi campagne informative, «per costruire una cultura a livello sociale e scientifico: punto fondamentale per poter abbattere lo stigma», ha spiegato. Poi diagnosi veloci, sinergie tra medicina generale e specialistica, risposte personalizzate, coinvolgimento di malati e familiari nelle decisioni terapeutiche, ricerca su farmaci specifici che siano accessibili economicamente. «I costi dell’emicrania ammontano, in Italia, a circa 17 miliardi di euro l’anno», ha segnalato Piero Barbanti, presidente delle società scientifiche Anircef e Aic. Eppure come patologia rimane silente: difficile da diagnosticare, costringe i pazienti a ricercare risposte da un centro all’altro e a ricorrere a diversi specialisti, sottoponendosi a esami spesso inutili. «Enormi sprechi, spaventosi costi, ritardi nella cura», ha sintetizzato. Le soluzioni terapeutiche contro questo dolore cronico ci sono, ha ricordato Paolo Martelletti, presidente della Fondazione italiana per lo studio delle cefalee. «Una buona cura ridà l’entusiasmo e il sorriso a persone che hanno sofferto per una vita», ha aggiunto. Ad esempio, ha proseguito, «gli anticorpi monoclonali grazie alla presenza di 210 centri autorizzati, di cui però solamente 70 sono operativi, dalle Regioni ad erogare questa nuova classe di farmaci».
A portare la sua testimonianza è stata infine Lara Merighi, coordinatrice laica di Al.Ce. Italia, alleanza dei cefalalgici che mette a disposizione un gruppo di sostegno e consigli per chi combatte contro le cefalee. «Con fatica perché il mal di testa divora ogni nostro pensiero. Diciamo spesso che ci scoppia la testa, ma è pure l’anima ad andare in pezzi», ha rimarcato, innanzitutto da paziente. «La nostra è una vita di sopravvivenza – ha concluso –. Bisogna imparare, non con poca fatica, ad avere speranza e a portare dentro di noi leggerezza ed entusiasmo. Nessun altro, come noi, è responsabile della nostra felicità».
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