Ecco come si fa i "navigator" per reinserire i disoccupati

Il lavoro come chiave per riprendere in mano la propria vita. Una sfida per chi si ritrova disoccupato a cinquant’anni o più. Se però s’interviene in modo mirato, il tessuto produttivo può riuscire a riassorbire queste figure. 

Utopia? No. Un esempio positivo viene dai territori di Sommacampagna e Sona, dove i Comuni si sono messi in rete con l’agenzia sociale Lavoro&Società e la cooperativa sociale I Piosi per dar vita al progetto di inserimento lavorativo “Oltre lo sportello 2”. Grazie a un finanziamento della Fondazione Cariverona – che ha stanziato 45mila euro, ma altri 20mila sono arrivati dai quattro partner operativi – dall’aprile del 2017 al dicembre 2018 sono state contattate 81 aziende del territorio, 23 delle quali si sono dichiarate disponibili a accogliere le persone segnalate per un tirocinio di tre mesi. 

«Essere disoccupato e over 50 è un doppio indice di rischio: nei soggetti fermi anche da 4 o 5 anni c’è un calo dell’autostima e una disillusione nei confronti del mercato del lavoro, perché privi delle competenze tecnico-professionali aggiornate richieste dal mercato», illustra Monica Tabarini, referente dell’inserimento lavorativo per I Piosi.

Tra i 29 cittadini selezionati dai servizi sociali dei due Comuni, 16 (di cui 5 donne) sono stati avviati a tirocinio in imprese locali che si occupano di cura del verde, agricoltura, ristorazione e servizi di pulizie. Per tre mesi hanno potuto lavorare tra le 20 e le 25 ore settimanali, ricevendo un rimborso mensile di 400 euro: il primo mattone per riacquistare l’autonomia e la fiducia in sé stessi. «Abbiamo visto le persone rifiorire: molti erano disoccupati di lunga data, non sapevano nemmeno cosa fosse un curriculum vitae; con questo percorso sono rinati – conferma Paola Giannantonio, tutor di Lavoro&Società che ha accompagnato le 16 figure –. Al termine, cinque di loro sono stati assunti, segnale che il sistema ha funzionato». 

Alla base c’è stata una capacità progettuale condivisa, che ha riunito enti pubblici e operatori del privato sociale con esperienza nell’inserimento lavorativo. «Abbiamo rimesso in moto delle persone in forte difficoltà non solo dal punto di vista economico, ma anche psicologico: talvolta bussano alle nostre porte quando sono ormai al limite, con problemi di depressione e forte disistima in sé», evidenzia Alessandra Truncali, assessore ai servizi sociali del Comune di Sommacampagna, ente che ha fatto da capofila. «Reinventarsi quando si è adulti è più difficile: attraverso i tirocini, però, abbiamo sperimentato una nuova modalità di welfare territoriale, dando delle soluzioni diversificate in sinergia con le aziende del territorio», le fa eco la collega di Sona, Elena Catalano. 

Alle realtà produttive è stato chiesto di fare un investimento di tempo e risorse, individuando un referente interno che affiancasse i tirocinanti. Una disponibilità non scontata, tanto più che le aziende non hanno avuto alcun incentivo economico nell’aderire al progetto. «Oggi se dici a un imprenditore “C’è un cinquantenne che cerca lavoro”, ti risponde “Ne ho 50 da dartene io, se vuoi” – osserva il sindaco di Sona, Gianluigi Mazzi–. Noi amministratori rappresentiamo la comunità, ma purtroppo non abbiamo strumenti efficaci per intervenire: questo sistema invece dimostra che è possibile risollevare situazioni critiche col sostegno attivo della cooperazione sociale, l’unica in grado di dare risposte a situazioni complesse. Questi numeri sono il risultato più significativo». 

«Sarebbe bello che questa esperienza fosse presa a esempio per qualcosa di più ampio», auspica Massimo Giacomini, responsabile dei servizi sociali del Comune di Sommacampagna. Il governo centrale, alle prese con reddito di cittadinanza e navigator, potrebbe prendere spunto da qui…