Dentro il bosco per imparare ad allenarsi e a sapersela cavare
di MARTA BICEGO
A Montorio uno spazio naturale sistemato da un docente di Scienze motorie
di MARTA BICEGO
Terra, erba e muschio come pavimento. Le chiome degli alberi e il cielo a fare da soffitto. Tronchi, rocce, piante, cespugli e un labirinto di sentieri al posto di attrezzi e tapis roulant. Non serve altro, se non abbigliamento e calzature comodi, per addentrarsi in un bosco, a Montorio, che non è soltanto un’estesa palestra nella natura in cui allenare il corpo e la mente.
È molto di più per come Nicola Rovetti, attraverso l’associazione sportiva dilettantistica “Motus mundi”, che promuove esperienze di movimento in ambiente naturale, ha “modellato” questo verdeggiante luogo alle porte della città. Docente alla facoltà di Scienze motorie dell’ateneo scaligero, Rovetti si occupa di motricità spontanea e movimento. Ha lavorato a lungo nel campo della disabilità (mentale, fisica e sensoriale) e un progetto con i bambini-soldato l’ha portato fino in Congo a mettere in pratica una metodologia particolare sulla strutturazione del gioco in funzione dello sviluppo delle abilità sociali. Insomma: è una persona abituata a guardare fuori dai soliti schemi.
Come? Considerando la foresta uno spazio per allenarsi, anche alle prove che mette davanti la vita. Così, quattro anni fa, Rovetti ha trovato il sito di 3.500 metri quadri in cui rendere concreta questa sua originalissima idea: il bosco detto “della Rugolana”, una cava di pietra chiusa negli anni Sessanta e abbandonata all’avanzare della natura, che se ne è gradualmente riappropriata. Assieme alla maleducazione, visto che l’area si era trasformata in una sorta di discarica per immondizie, bidoni, pneumatici… Il primo “allenamento” è stato esplorare l’area e pulirla dai rifiuti, passando poi a riorganizzarla coinvolgendo i bambini per un pomeriggio a settimana, anche a dicembre. Con qualsiasi condizione meteorologica: splendesse il sole o scendesse la pioggia. Nessuna competizione ma genuino divertimento che riconduce a una socialità purtroppo dimenticata, in particolare dalle giovani generazioni.
«A sessioni di movimento naturale abbiamo alternato diverse attività – spiega nel dettaglio –: imparare a legare o a costruire una capanna; accendere il fuoco con l’acciarino per cucinare; usare coltellino e attrezzi per sviluppare la manualità; riconoscere le piante e le tracce della fauna». Sempre nel rispetto di un ambiente popolato da diversi animali, come caprioli e sparvieri. Al ritmo giusto, questa originale palestra ha preso forma nel bosco. Un saliscendi di sentieri immersi nel verde accompagna a varie radure, nelle quali bimbi e ragazzi, e pure gli adulti, possono: allenare l’equilibrio camminando sui tronchi e superando ostacoli di varia difficoltà; rinforzare le braccia appendendosi ai rami o arrampicandosi su un articolato castello di legno; saltare da una roccia all’altra; migliorare la mira lanciando sassi; superare le proprie paure attraversando un ponte tibetano; riposare su una grande rete appesa agli alberi.
Il contesto agevola quest’immersione. Le luci, i suoni, la presenza o meno del vento cambiano di continuo: questo spinge il corpo ad adattamenti posturali sempre diversi e all’attivazione muscolare; funzioni motorie quali articolarità, forza, destrezza, velocità, resistenza, elasticità ne traggono beneficio. C’è naturalezza, non improvvisazione; non c’è giudizio né spazio per quella competizione che anima invece tanti sport. Nell’insieme, questi “esercizi” permettono di riscoprire una motricità spontanea, funzionale e istintiva che ci appartiene. Ma che, appunto, abbiamo dimenticato. «Non viene insegnato nulla ma si lascia spazio alla spontaneità, ovviamente in un contesto di sicurezza. Ognuno ha le proprie risorse e le mette in gioco in un’esperienza totale», assicura Rovetti.
Accade ad esempio con l’iniziativa “Vita nei boschi estate”, che coinvolge partecipanti dagli 8 ai 13 anni d’età. Laddove la natura è di ispirazione ed esorta a muoversi, le attività proseguono tutto il tempo dell’anno. Del resto, fa notare l’ideatore del progetto, «il movimento è la più potente forma di apprendimento e coinvolge il piano esistenziale». Basta pensare a quanti meccanismi innesca il fatto di dover compiere un salto: implica scegliere la giusta distanza, prendere la necessaria rincorsa, dosare la velocità; quindi l’azione stessa dello spiccare il salto e scoprire dove si va a finire. A ben guardare, fare alcune scelte nella vita è come affrontare un salto: ci si deve allenare fin da ragazzi. Ecco perché nel bosco, conclude Rovetti, «si insegna a fare in modo che i bambini non si fermino mai davanti agli ostacoli, ma si lascino guidare dall’istinto». Allora sì che il salto avverrà naturalmente e sarà più facile affrontare altri ostacoli che si potranno incontrare una volta adulti.
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